giovedì 21 Novembre 2024

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Paolo Meneguzzi: “Oggi mi sento un artigiano della musica” – INTERVISTA

A tu per tu con il noto cantautore italo-svizzero, al suo ritorno discografico con il singolo “Il coraggio

Tempo di nuova musica per Paolo Meneguzzi, tra i più ispirati cantautori pop degli ultimi due decenni, con alle spalle otto album in studio e svariati singoli di successo. “Il coraggio” è il titolo dell’inedito che segna il suo ritorno, contraddistinto dalla capacità di rinnovarsi pur rimanendo fedele a se stesso e alla propria unicità. Scritto e prodotto con Emilio Munda, il brano anticipa l’uscita del suo nuovo album di prossima pubblicazione, oltre che ad accompagnarci e ad infonderci speranza in questo delicato momento storico.

Ciao Paolo, benvenuto e, soprattutto, bentornato. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Il coraggio”, che sapore ha per te questo brano?

«E’ un brano che emana energia, forza, per questo ho scelto un leone in copertina. Uno perché voglio che vinca il messaggio e due perché non ho più troppa voglia di apparire e far quindi arrivare la mia immagine prima della musica. Mi sento un artigiano della musica e voglio che arrivi la musica per la sua essenza e le sue emozioni di unicità».

L’ho trovato un brano perfetto per il tuo ritorno, perché resta fedele al tuo percorso, alla tua storia, risultando allo stesso tempo musicalmente contemporaneo. Anche la tematica è molto attuale, il messaggio più che mai importante. Cosa ti ha spinto a scegliere proprio questo pezzo per il tuo ritorno?

«E’ un brano che ha un testo ricco di concetti positivi. Il più debole, come in questo momento, è al centro dell’ attenzione e più che mai è importante per l’ esistenza. Troppo spesso ci riteniamo piccoli o poco importanti rispetto ad un sistema economico che non capiamo, questo invece è il momento per far capire a noi stessi che siamo importanti uno per uno e siamo tantissimi per il bene dell’ esistenza, del clima, del futuro dei nostri figli. Sono i più piccoli che devono avere il coraggio di andare avanti e i più deboli arricchiscono i grandi. Dobbiamo fare uno switch e capire che siamo non importanti ma l’unica cosa importante e, per farlo, dobbiamo essere uniti».

C’è una frase che, secondo te, sintetizza e rappresenta il significato dell’intera canzone?

«”La paura non può niente, se niente fa paura”».

Che ruolo gioca la musica, oggi, nel tuo quotidiano?

«Ogni giorno 24ore su 24 la musica è presente nella mia vita, in maniera diversa. Oggi non prendo piu’ 2/3 aerei al giorno e non mi sveglio più in un letto diverso ogni notte. Oltre a fare musica mia anche se più nell’ombra. Sono il direttore artistico della PopMusicSchool che è la più grande accademia artistica in Svizzera. Questo mi permette di stare a contatto con tanti talenti giovani e ho capito che in fondo se ami questa passione davvero non sono le cifre o 10,20, 1000 fans ai tuoi concerti che ti tengono vivo ma il gusto delle emozioni che ne arrivano, da qualunque parte e in qualunque modo. Oggi sarei ancora più felice se uno dei miei ragazzi riuscisse ad essere felice grazie alla musica, che se facessi successo ancora io. Mi gratificherebbe davvero tantissimo. Lotto per loro e con loro ogni giorno. A volte sono duro, perche’ ti devi fortificare se vuoi affrontare questo mondo che e’ spietato a certi livelli».

Nel corso della tua carriera hai inciso numerosi pezzi di successo ed altri che non sono usciti come singoli, ma che impreziosiscono il tuo vasto repertorio. Quale credi sia il brano che ti rappresenta di più? E perché?

«Ci sono tante canzoni che rappresentano una svolta musicale nella mia vita. Da “In nome dell’ amore” a “Musica”, fino a “Imprevedibile”. Più che altro è un album meno ascoltato di cui vado davvero fiero e che riascolto spesso dal titolo “MIAMI”. Se nei primi anni 2000 facevo sonorità che oggi si sentono ancora nella trap o nella dance hall, l’album “MIAMI” del 2010 è assurdamente estraneo, unico e particolare. Mi sento precursore di parecchie sonorità in generale e quando in tempi non sospetti andavano di moda i grossi produttori, io, appunto nel 2010 feci il disco “MIAMI” e scelsi come arrangiatore un ragazzo di vent’anni svedese che faceva il DJ MANGOO. 

Ne uscì un album spettacolare, che non è stato capito perché secondo me è troppo avanti. Quelle sonorità le sentiremo tra qualche anno e ancora per anni, la scrittura di quei brani ha una natura jazz riportata al pop. So che agli amatori del jazz a cui arriverà questa frase, gli si faranno i capelli bianchi, ma è tempo di andare in profondità delle cose e di non soffermarsi alla superficialità della parola pop, c’è buon pop e pop meno buono, la differenza è davvero per intenditori».

In questo periodo stiamo vivendo una situazione inedita a livello mondiale, l’emergenza sanitaria Covid-19 ha mutato, seppur momentaneamente, la nostra quotidianità. Tu, personalmente, come stai vivendo tutto questo?

«Sono padre. Questo mi permette di stare sempre con il mio bambino. Se da una parte c’è la speranza di risvegliarsi con delle notizie meravigliose dall’altra questa clausura ci permette di riscoprire valori determinanti per questa esistenza. E’ nel momento in cui ti devi fermare, che sia una malattia, o un imprevisto, in cui ti svegli e ti rendi conto di cosa sia la vita davvero. Purtroppo il sistema di oggi non permette questo genere di vita ma punta di piu’ a soffocarti e a renderti schiavo di un sistema per cui al posto di pensare ai veri valori il sistema ti limita a dover pensare di riuscire ad arrivare a fine mese con lo stipendio. E’ li che nasce il coraggio dell’ individuo perché il coraggio non è certo delle grandi imprese o delle multinazionali».

Che ruolo può avere la musica in questa delicata situazione?

«La musica ha il ruolo fondamentale di condivisione. Il famoso detto “unus pro omnibus omnes pro uno”, tutti per uno uno per tutti. In questo caso la canzone importante che rappresenta molte persone diventa un simbolo, un ricordo, un’emozione per molte persone. Non per forza con un testo che rappresenti il momento come “Il coraggio”. Potrebbe essere anche una semplice canzone d’amore, o una canzone che parla di tutt’altro. Fatto sta che rappresenterà per molti il ricordo di questo momento».

Stai lavorando al tuo prossimo album di inediti, cosa puoi anticiparci a riguardo?

«L’ album, se vogliamo chiamarlo ancora così noi romantici, uscirà a tappe bimensili. Quindi ogni due mesi un singolo. E’ già tutto pronto. Sui miei social (Facebook e Instagram, ndr), potrete trovare tutte le anteprime di ogni singolo. E’ un album adulto, diverso. Oggi mi sento un artigiano della musica. Faccio musica con l’essenza dell’eremita, senza pensare al successo o al prodotto. Per questo non ho intenzione di apparire molto. Solo musica».

Per concludere, c’è una particolare lezione che hai imparato dalla musica in questi anni di attività?

«Sono direttore artistico della PopMusicSchool, un’accademia con piu’ di 600 iscritti tra canto, musica, danza e recitazione. Visto che mi parli di lezione ti risponderei che c’e’ una lezione sola che vale sempre e per qualsiasi arte: l’unicità». 

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.