giovedì 21 Novembre 2024

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Di Sanremo in Sanremo, anche i testi delle sigle fanno contesto

Il Festival di Sanremo raccontato dalle sue sigle

La sigla ha lo scopo di portare lo spettatore nel flusso televisivo, permettendo di poter pregustare il programma. Una sigla è come un ricco aperitivo di immagini ed elaborazioni grafiche, accompagnate da un brano musicale, e contiene un numero elevato di informazioni sui nomi di chi ha contribuito alla creazione, produzione e messa in onda del programma.

Per la prima sigla del Festival di Sanremo dobbiamo attendere il 1969 con “La canzone portafortuna”, cantata da Tony Renis e Lara St. Paul. Il timore delle case discografiche, che quel “cantala insieme a me non ha parole son quattro note però portafortuna e non la dimenticherai mai mai mai” potesse oscurare le canzoni in gara, porta alla sostituzione dell’immagine dei due cantanti con quella di una sconosciuta giovane svedese.

Nel 1976, la sigla è ad opera dell’orchestra di Riccardo Valtellini, autore anche del brano. Non possiamo trascurare la sigla del 1981 “Gioca Jouer”, cantata da Claudio Cecchetto, che di quella edizione è pure il presentatore. Il famoso “dormire, salutare autostop, starnuto, camminare, nuotare Sciare, spray, macho, clacson, campana, ok, baciare Saluti, saluti, Superman” diventa subito un tormentone che ancora oggi si balla in contesti di spensieratezza vacanziera.

Difficile da dimenticare anche la sigla d’apertura di Sanremo 1982, “Che fico!”, cantata dal comico Pippo Franco. Il testo “oh quanto è fico quello lì Ma guarda che maglietta e che jeans Mi piace un frego quello lì E’ un tipo fico, ma proprio fico Fico (Che fico) Avere il poster nella stanza Che fico Comprare Un mucchio di adesivi Che fico Uscire Con quella spilla punk sul giubbotto Che tu puoi portare solo se sei fico”, descrive a tutto tondo la moda dei paninari, che perdura per tutti gli anni ’80, derivandosi dallo stile sportivo e preppy degli studenti dei college americani. Il termine “paninaro” nasce in riferimento alla zona del centro di Milano, vicino Piazza San Babila, dove sono presenti diverse paninoteche. La sigla di chiusura di quell’anno “Ci siamo anche noi” ha meno fortuna. Cantata da Astrella, figlia del grande Donovan Phillips Leitch, “menestrello del rock” degli anni ’60.

L’anno successivo il motivetto di apertura è “SuperLeo”, interpretata da un gruppo formato per l’occasione, che racconta le “avventure” del leoncino sanremese con una maglietta azzurra su cui è stampata una nota musicale. “Occhi specchi, mani curve, faccia di boccaccia Un sorriso sempre al dente bianco e intelligente Nel cervello c’è uno spillo che non sbaglia occhiello (…) Bello, sono forte ma nel cuore ho burro, Zucchero filato ed un monello E rimbalzi sulle palme, tu sei un ruzzolone Che mi fa cadere col sedere”. La canzone celebra la mascotte dell’edizione e sembra più adatta a un pubblico bambino, citato anche nella sigla di chiusura “Canzone Pulita” dell’attore Nino Manfredi. Il testo richiama al senso civico e al rispetto ecologico, che coinvolge anche i più piccoli; anzi “loro l’hanno già imparata la canzone pulita perché i bambini sono puliti dentro (…) perché la pulizia è come la libertà: va difesa ogni giorno. E allora diamole ‘na mano a ‘sta città, rovesciamola da capo a piedi, facciamola diventa’ uno specchio; l’avete mai guardata allo specchio: Roma diventa Amor”.

Il 1984 è l’anno della sigla di apertura “Rose su Rose” cantata da Mina, “più di così Divertirti non puoi Amico sì, Sei in alto e lo sai. Rose su rose, Tutti premi per te Non aver dubbi Sei un re”. Con la sigla finale di quell’anno, “Under The Sun” dei Rockets, Sanremo si apre a un testo in inglese. Nel 1986 è Loretta Goggi, prima conduttrice donna del Festival, a cantare la sigla di apertura “Io nascerò”, che affronta il cambiamento di una donna in amore nella direzione di una maturità che deve fare i conti col dolore. Per questo, “io nascerò dove ti ho lasciato nascerò Non avrò paura più del tuo maestrale Non voglio più affondare Uou, uou, io nascerò Per me sola, ancora nascerò Nessun vento mi potrà più fare male Ormai affronto il mare”.

Il 1988 è la volta del tenore Luciano Pavarotti, che interpreta un classico della musica italiana, “Nel blu dipinto di blu”, pezzo vincitore del Festival nel 1958, cantato da Domenico Modugno in coppia con Johnny Dorelli. Gli anni ’90 sono segnati dal tormentone “Perché Sanremo è Sanremo”, nato esattamente nel 1995 ad opera del direttore d’orchestra Pippo Caruso. Cantata da Maurizio Lauzi, figlio dell’indimenticato Bruno Lauzi. A partire dall’anno successivo, è ufficiale la versione del brano cantata da Rudy Neri dei Prefisso, diventando la sigla di tutti i Sanremo baudiani. Chi non ha canticchiato, almeno una volta, il popolare “parappappapapparà (…) Se viene voglia di cantare canteremo proviamo a crederci e poi vedremo Se viene voglia di cantare canteremo Perché Sanremo è Sanremo”?

Nel 2000, di nuovo Luciano Pavarotti, partecipando alla kermesse in veste di presentatore insieme a Fabio Fazio, interpreta “Nessun Dorma” all’apertura di ogni serata. Il 2001, invece, è l’anno di Raffaella Carrà, che canta “è la mia musica che vola È fantasia che va È la mia musica che vibra Ti porta via con sé Son sensazioni, colori Di ritmo e d’allegria Sono canzoni d’amore Di genio e di follia (…) È la mia musica compagna Che non tradisce mai È la mia musica firmata Da giorni solo miei”. Il Festival di Sanremo è anche questo: un evento che fa contesto perfino nella proposta di una sigla.

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Francesco Penta

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica si ascolti il silenzio; da questo "vuoto sonoro" nasca un nuovo concerto.