domenica 24 Novembre 2024

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Alessio Bernabei: “Il tempo mi è servito per capire chi sono veramente” – INTERVISTA

A tu per tu con il giovane cantautore, al suo ritorno discografico con il singolo estivo intitolato “Trinidad

A due anni di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, realizzata in occasione dell’uscita del disco Senza filtri, ritroviamo con piacere Alessio Bernabei per parlare del suo nuovo singolo “Trinidad”, scritto insieme ad Alex Vella (meglio conosciuto come Raige), Emanuele Lovito e Mario Fanizzi. Disponibile in rotazione radiofonica e sulle piattaforme digitali a partire dallo scorso 17 luglio, il brano segna l’inizio di una nuova fase della carriera del talento di Tarquinia.

Ciao Alessio, bentrovato. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Trinidad”, cosa racconta?

«“Trinidad” è il nome dell’unica isola dei Caraibi che, grazie a delle correnti particolari, non è soggetta ad uragani. Questo aneddoto mi ha affascinato a livello emotivo, tra l’altro è anche un nome proprio di persona, quindi ho pensato di abbinarlo ad un tema estivo. E’ un brano che mi trasmette serenità e freschezza».

A cosa si deve la scelta di abbracciare questo tipo di sonorità latine?

«Questo pezzo è stato composto durante il lockdown, nonostante il periodo di solitudine, come tanti, ho avvertito la voglia di evadere, l’unica cosa che poteva farmi stare bene in quel momento era pensare all’estate, a quando sarebbe poi finito tutto. Le sonorità molto latine rimandano a questo desiderio di mare e di leggerezza. Sono voluto ritornare sulle scene d’estate con il brano sicuramente più estivo del mio repertorio».

Un pezzo che segna l’inizio per te di un nuovo percorso, che rapporto hai col cambiamento?

«Come tanti artisti, mi reputo in continua evoluzione, di anno in anno cambio idee, quindi sono aperto al cambiamento, cioè mi piace mutare pelle, un po’ come fanno i serpenti. Questo è bello perché comunque cresci e lo stile musicale si evolve insieme a te».

Quanto pensi di essere cambiato personalmente e artisticamente parlando?

«Innanzitutto sono cambiato personalmente, credo che il lato artistico sia una conseguenza. Andare a vivere da solo, trasferirmi a Milano, mi ha fatto sicuramente crescere, questi due anni mi sono serviti per capire chi sono veramente, sperimentare, cadere e rialzarmi. Ho avuto esperienze personali che mi hanno segnato particolarmente, amicizie che se ne sono andate, amori che se ne sono andati, cose che fanno parte della vita».

“Trinidad” è stata scritta durante la quarantena ed esce d’estate, la sua collocazione ideale, ma anche vero che questa non è e non sarà un’estate come tutte le altre. Personalmente, come la stai vivendo e come te la immagini?

«Stiamo vivendo un periodo un po’ particolare, per quanto riguarda la musica live si faranno pochi concerti, con ingressi limitati e i vari distanziamenti, questa cosa un po’ fa soffrire, sia noi artisti che gli addetti ai lavori, chi sta dietro le quinte. Sicuramente c’è tanta voglia di riprendere al più presto, vivendo quest’estate nella maniera più serena possibile, pensando che si tratta di una situazione temporanea e che un giorno finirà. Bisogna per forza pensare positivo, spero che questo nuovo singolo riesca a trasmettere la giusta energia a chi lo ascolterà».

Al netto dell’attuale confusione dovuta al momento storico, quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere? Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo Bernabei?

«Ho scritto un sacco, soprattutto durante il lockdown, a livello artistico mi sento cambiato e ho bisogno di mostrarmi dicendo cose che non ho mai detto prima. Alessio Bernabei triste non lo conosce nessuno, per cui sento di voler esprimere totalmente me stesso facendo vedere anche quella parte, le mie paure e le mie debolezze. In realtà anche io, come tutti, sono riflessivo, per questo sento l’esigenza di mandare messaggi diversi dal solito “va tutto bene”, perché a volte le cose vanno male ed è giusto raccontarlo. Insomma, ci sarà questo tipo di cambiamento, soprattutto superata quest’estate».

Capitolo Sanremo, ti chiedo: 1) Ti è piaciuta la precedente edizione targata Amadeus? 2) Pensi di avere già tra le mani un pezzo da poter candidare per il 2021?

«Lo scorso Sanremo l’ho seguito in modo particolare. Personalmente ho partecipato a tutte le tre edizioni di Conti, saltando quelle di Baglioni, ma ogni direttore artistico ha la sua impronta, la conduzione di Amadeus l’ho trovata molto simile a quella di Carlo, mi è piaciuto molto il connubio con Fiorello, mentre a livello artistico Tiziano Ferro mi ha parecchio commosso, soprattutto quando ha cantato il pezzo di Mia Martini, proprio perché so cosa vuol dire esibirti sul palco dell’Ariston, per giunta con una canzone del calibro di “Almeno tu nell’universo”.

Per quanto riguarda l’anno prossimo, in realtà penso di avere diversi pezzi che possono andare bene per il Festival, sicuramente molto più maturi rispetto al passato, ma non posso dirti di avere già tra le mani il pezzo da candidare a Sanremo 2021, nel senso che magari da qui a Natale vengono fuori altri pezzi validi. Sicuramente mi piacerebbe riprovarci, sono passati tre anni dall’ultima volta, un ritorno ci potrebbe stare».

Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che senti di aver appreso dalla musica in questi anni di attività?

«Ho imparato che un artista, ma in particolare una persona, non può immaginare come sarà in futuro. La musica mi ha insegnato che la vita è imprevedibile, che non si può calcolare niente, che bisogna avere il giusto team alle spalle perché, anche se sembra una roba molto personale, in realtà, la musica in squadra è vissuta in maniera ancora più forte».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.