A tu per tu con con il rapper campano, in uscita con il suo quarto progetto discografico intitolato “Libertà”
Tempo di nuova musica per Rocco Pagliarulo, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Rocco Hunt, artista classe ’94 che ricordiamo per aver vinto la sezione Nuove Proposte di Sanremo 2014 con il brano “Nu juorno buono”. A 4 anni di distanza dal suo precedente lavoro in studio, il rapper di Salerno torna negli store con il suo quarto disco di inediti “Libertà”, disponibile da venerdì 30 agosto per Sony Music Italy. Tredici brani in scaletta più tre bonus track, canzoni impreziosite da numerosi featuring, tra cui spiccano i nomi di Achille Lauro, J-Ax e i Boomdabash, Clementino, Neffa, Gemitaiz, Speranza, Geolier e Nicola Siciliano. In occasione di questo nuovo lancio, abbiamo incontrato per voi il giovane cantante per approfondire la sua conoscenza.
Ciao Rocco, partiamo dal nuovo progetto discografico, intitolato “Libertà”, che significato attribuisci a questa parola e a questo album?
«E’ una parola che può intendere varie cose, in questo caso si riferisce alla libertà di potermi esprimere nella maniera che più mi piace, nella mia lingua, il napoletano. Penso di aver realizzato un un album libero, onesto, spensierato e senza pretese, descrivendo semplicemente il mio stato d’animo mentre scrivevo le canzoni, nel momento storico che stiamo vivendo».
E come descriveresti l’attuale momento storico?
«Un momento un po’ superficiale, secondo me, poi dipende da che punto di vista lo guardiano. Nella settimana in cui cade il governo penso che cadano anche un po’ le speranze della nostra gente, è sicuramente un momento in cui contano tante cose che in realtà sono superflue, di poco conto».
In tutto questo, credi che i social network abbiamo un potere migliorativo o peggiorativo?
«Dipende come vengono utilizzati i social, se uno li usa in una maniera intelligente e positiva sicuramente può trarne benefici, se uno li usa in una maniera persuasiva possono danneggiare l’individuo».
Questo è il tuo quarto disco, che segue “Poeta urbano”, “A verità” e “SignorHunt”, quali innovazioni aggiunge?
«Diciamo che le tematiche sono abbastanza vicine, perché non potrei mai immaginare un mio album che non parla della mia terra, del mio dialetto, della mia gente e della mia libertà. Sicuramente in questo disco c’è un Rocco Hunt 2.0 che si può ascoltare nelle ultime tracce, che sono quelle più trap-neosoul se vogliamo definirle così, quelle un pochino più “napulegne” che si appoggiano su basi piuttosto attuali e che rappresentano la mia evoluzione, abbinando la melodia a delle produzioni fresh».
Quanto tempo c’è voluto per realizzare questo disco? Forse è quello che ha avuto la gestazione più lunga…
«Decisamente sì, gli album precedenti sono stati rilasciati ad un anno di distanza tra di loro, mentre questa volta c’è stata una lavorazione più lunga e abbastanza impegnativa, ho impiegato quasi tre anni per realizzarlo e penso che, in futuro, non ci metterò mai più così tanto tempo per la lavorazione di un progetto».
Veniamo alle tante collaborazioni, come sono nati tutti questi incontri e che valore aggiunto hanno dato al risultato finale?
«Alcune delle collaborazioni già erano state provate e testate nel precedente album, altre sono nuove, infatti abbiamo sperimentato questa combo esplosiva e fatale con i Boomdabash e J-Ax nella stessa traccia, intitolata “Ti volevo dedicare”. Il disco si apre con il featuring con Achille Lauro e Boss Doms in “Mai più”, poi c’è Neffa, un artista abbastanza restio per quanto concerne le collaborazioni che continua a darmi fiducia e questa cosa mi piace tanto, fino ad arrivare alle nuove generazioni, tipo Nicola Siciliano, Geolier e Speranza, leve campane che mi fa piacere supportare e aver tirato in ballo per questo progetto».
Due partecipazioni in gara a Sanremo, stai pensando al “non c’è due senza tre” per la settantesima edizione? Hai lasciato da parte qualche pezzo fuori dal disco?
«Con molta sincerità, in quest’album ho messo tutto quello che di buono avevo, quindi al momento non ho un pezzo pronto, il Festival. Sanremo è una vetrina importante che mi ha dato tanto a cui sono molto riconoscente, quindi se non è quest’anno è l’anno prossimo, tra due o tre anni, di sicuro sul palco dell’Ariston ci vorrò ritornare, non so ancora quando, ma di sicuro lo farò in maniera conscia come è accaduto nelle precedenti occasioni, con due brani che dicevano qualcosa anche al di fuori della canzone stessa. Sanremo è Sanremo, per me non è un addio ma un arrivederci».
Che ruolo ha la musica nella tua vita?
«Per me è tutto, il lavoro che gira intorno alla musica è parte integrante della mia vita, rappresentando il 70-80% di ogni mia singola giornata».
Come valuti l’attuale settore discografico?
«Credo che per fortuna ci sia tanta biodiversità (sorride, ndr), si convive tra i generi e ognuno cerca di esprimere se stesso attraverso la propria esperienza, si riesce a coesistere tranquillamente. Chiaramente, rispetto all’uscita del mio ultimo album, la situazione discografica è completamente cambiata, perché c’è stato l’avvento dello streaming e dell’era digitale, ma noi combattiamo e combatteremo per far sentire la nostra voce sempre».
Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che ti ha lasciato la musica in questi anni di attività?
«Sicuramente che con poco puoi riuscire a dare tanto alle persone che ti seguono, a prescindere dalla musica stessa, anche attraverso le buone azioni, di bravi cantanti ce ne sono tanti, quello che ricorda la gente di te non è la voce, la melodia, la canzone o il testo, bensì ciò che hai rappresentato umanamente per loro, attraverso l’esempio e il comportamento. Seminare bene è sicuramente l’aspetto più importante di questo mestiere».
Nico Donvito
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