A tu per tu con l’artista romana, in uscita con il suo nuovo album di inediti intitolato “This is Elodie”
A pochi mesi di distanza dalla nostra precedente chiacchierata realizzata in occasione dell’uscita del singolo “Margarita“, ritroviamo con piacere Elodie per parlare del suo nuovo lavoro in studio, intitolato semplicemente “This is Elodie”, in uscita in digitale dal 31 gennaio e in fisico dal 7 febbraio, a seguito della sua seconda partecipazione al Festival di Sanremo, in gara con il brano “Andromeda”, composto per lei dal vincitore in carica Alessandro Mahmood e dal producer del momento Dardust. Un progetto che segna un nuovo corso per l’interprete romana, molto a fuoco e centrata sui propri obiettivi musicali, una ritrovata consapevolezza sonora che coincide col suo modo di essere e con la voglia di sperimentare e abbracciare sound diversi, pur mantenendo un proprio riconoscibile stile. Diversi i featuring presenti in scaletta, da Gemitaiz a Fabri Fibra, passando per Marracash, Lazza, Ernia, Margh
Ciao Elodie, bentrovata. “This is Elodie” è il titolo del tuo nuovo progetto discografico, sedici canzoni, oltre 70 pezzi provinati, 11 featuring, 45 autori, 17 produttori, insomma, tanta roba. Ci racconti l’evoluzione di questo album?
«E’ un progetto iniziato due anni fa da “Nero Bali”, avevo il bisogno di raccontare anche la mia parte più fresca, quella che esiste nel mio quotidiano in tutto ciò che faccio, in tal senso ho un carattere frizzante, molto sudamericano. Così abbiamo pensato di fare un lavoro di ricerca verso un percorso più moderno, più attuale, che rispecchiasse più quella che sono io, anche perché i miei ascolti sono molto contemporanei.
Da lì è iniziato il vero lavoro, devo dirti molto bello perché abbiamo provinato un sacco di roba, modificando più volte tutto, ci abbiamo impiegato due anni, ma credo ne sia valsa davvero la pena, perché in questo momento è la playlist che mi rappresenta e mi racconta di più, anche e soprattutto per quanto riguarda i featuring, perché provengo da un quartiere popolare e collaborare con i rapper è un po’ un fiore all’occhiello per me, lo considero il genere musicale più onesto che ci sia, mi piace l’idea di avere al mio fianco gente che stimo, è una categoria che a me piace molto, sono artisti che raccontano realmente quello che accade, nel bene e nel male».
Lo hai definito un disco che ti rappresenta a 360 gradi, hai preso tante scelte, hai sperimentato tanti generi, ma nonostante questo sei riuscita a crearti un tuo stile. Come sei riuscita a trovare la giusta quadra sonora?
«E’ un percorso che è iniziato con la mia etichetta discografica, ne ho parlato con il mio team e il mio manager, loro hanno accolto con molto entusiasmo il mio desiderio di sperimentare e di cercare nuove collaborazioni, dandomi la possibilità di lavorare con le persone giuste. Hanno capito esattamente quale fosse la mia richiesta e hanno mostrato particolare interesse attorno al mio progetto».
Al principio fu “Margarita”, diciamo pure l’aperitivo di questo album, singolo che insieme a “Nero Bali”, “Rambla”, “Pensare male” ti ha regalato belle soddisfazioni. Reduce da questi successi ritorni a Sanremo per la seconda volta… con una consapevolezza diversa rispetto a tre anni fa?
«Sì, sia umanamente che professionalmente parlando, ho capito come funziona questo lavoro, anche se c’è da dire che la prima volta è stata per me quasi una passeggiata, perché in realtà arrivavo da “Amici” che è stata una bella palestra dove mi sono allenata per diversi mesi. Diciamo che prima di quella esperienza non avevo avuto nella mia vita molte regole, adesso sono tornata a vivere con quello spirito lì e, proprio per questo motivo, credo che sarà per me più difficile della volta precedente dal punto di vista emotivo, ma è normale… sarebbe strano il contrario».
Ci spoileri qualcosa di “Andromeda”?
«E’ un pezzo che sorprende, un brano che parla di me. Ho avuto la fortuna di avere Mahmood e Dardust che si sono dedicati con amore e si sente, non poteva esserci canzone migliore, è quasi come se l’avessi scritta io, non so come spiegarti esattamente, hanno cucito un vestito su misura per me, è un brano che mi racconta, un pezzo un po’ matto, altalenante… proprio come sono io nella vita, il testo mi descrive alla perfezione e mi dà la possibilità di mostrarmi per quella che sono realmente».
Come sono andate le prime prove con l’orchestra?
«Così così, inizialmente avevo un po’ di timore, avevo bisogno di capire bene il suono, ma le ultime prove sono andate meglio, ero un pochino più centrata. E’ un pezzo difficile da sostenere, quindi devo tirar fuori i c******i e dare il massimo».
Hai una canzone o un ricordo di Sanremo del cuore?
«Si, ce l’ho. Avevo undici anni, Sanremo 2001, Elisa e Giorgia, ero letteralmente impazzita per entrambe, ho comprato tutti e due i dischi, anche se inizialmente facevo il tifo per Giorgia, ero una sua fan sfegatata, mentre Elisa non la conoscevo ancora bene. Ero piccola, ma quel Festival e quelle due canzoni in particolare le ho davvero nel cuore».
Nel disco figura una sola cover, ovvero “Niente canzoni d’amore” di Marracash, cosa ti ha spinto a scegliere proprio questo pezzo?
«Volevo cantare un pezzo che non fosse pop, per far capire che il rap è un genere di per sé molto popolare, come ti dicevo prima, onesto. “Niente canzoni d’amore” è uno dei pezzi più belli di Fabio, quindi mi sembrava bello scegliere questo».
Per concludere, al di là di come andrà Sanremo, cosa vorresti riuscire a comunicare al pubblico e quale sarebbe per te la vittoria più importante?
«Spero che il pubblico possa fare propria la mia canzone e di passare il più possibile in radio, che diventi in pratica un successo in modo tale da poter arrivare a chiunque. Poi, vincere o non vincere, non credo che sia quello l’aspetto più importante, il mio augurio è che possa colpire la gente».
Nico Donvito
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