A tu per tu con il cantautore milanese, in uscita con il suo primo album di cover intitolato “Corde“
Un viaggio nella musica italiana d’autore, dall’underground al mainstream, questo e molto altro ancora è “Corde”, album di cover che segna il ritorno musicale di Daniele Stefani, a tre anni di distanza dall’uscita del suo precedete progetto in studio. Dieci le canzoni in scaletta, tra cui spiccano: “Monnalisa“ di Ivan Graziani, “Luci a San Siro” (feat. Simone Rossetti Bazzaro) di Roberto Vecchioni, “La donna cannone” (feat. Le Cameriste Ambrosiane) di Francesco De Gregori, “Je so pazzo” (feat. Francesco Loccisano) di Pino Daniele, “No potho reposare” (feat. Beppe Dettori), “Felicità” (feat. Sergio Friscia e Stefania Blandeburgo) di Lucio Dalla, “Vacanze romane” (feat. Archimia) dei Matia Bazar, “Mio fratello che guardi il mondo” (feat. Massimiliano Laganà) di Ivano Fossati, “Gli angeli” di Vasco Rossi e “Salutation” (feat. Flavio Scopaz) di Adriano Celentano.
Ciao Daniele, bentrovato. “Corde” è il titolo di questo progetto di ampio respiro, che lascerei presentare a te, considerata l’idea del concept che lo ha ispirato…
«”Corde” è nato dopo l’esperienza maturata con la rubrica “Note d’italia”, durata per tutto il 2021, dove ho avuto l’opportunità di attraversare l’Italia con i suoi cantautori, regione per regione. Ho pensato che fosse giusto, in qualche modo, chiudere un cerchio. L’idea è stata quella di realizzare un disco solo con strumenti a corde, il resto è venuto tutto in automatico. Un titolo che descrive perfettamente anche la situazione emozionale del disco, in riferimento alle corde dell’anima, dei sentimenti e delle emozioni in generale ».
E’ un caso che nella tracklist ci siano solo pezzi del ’900 e nessuna produzione italiana realizzata negli ultimi ventisei anni?
«Sin dall’inizio l’idea era quella di scegliere comunque brani meno contemporanei, coinvolgendo pezzi che hanno segnato la mia crescita, la prima parte del percorso. Alla fine, la scelta di questi dieci brani è stata un po’ un mix di cose tra l’istinto e il gusto personale. Sono partito naturalmente da una lista più lunga e ne ho provinati quasi il doppio, perchè bisognava sentire poi come veniva il risultato. Negli spettacoli dal vivo avrò l’occasione di cantare altro, come ad esempio “Povera patria” di Franco Battiato, qualcosa anche di Patty Pravo, così come avrò modo di estendere gli omaggi a Lucio Dalla e Pino Daniele anche con “Piazza grande” e “Napule è”. I live ti permettono di realizzare anche dei medley per contenere più canzoni».
Il bello di questo progetto è questo ritorno all’essenzialità, ma anche il desiderio di condivisione. Com’è nata l’idea di coinvolgere così tanti ospiti?
«Diciamo che è un po’ stato sempre questo il mio spirito, anche se faccio il cantautore, sono in primis un musicista che ha studiato e vissuto tanti anni in mezzo ad altri professionisti del settore. Questa è stata la mia fortuna, perché mi sono sempre confrontato con le esperienze di altri colleghi. Purtroppo credo che la figura del musicista sia stata quella più penalizzata in questi due anni. L’artista in prima linea o il produttore, bene o male, se la sono cavata. L’idea di coinvolgere questi ospiti è nata in maniera molto spontanea, con l’intento di non realizzare solo duetti, ma vere e proprie partecipazioni prendendo alcune eccellenze di vari ambiti».
Per concludere, quali sono gli elementi e le caratteristiche che ti rendono orgoglioso di un disco come “Corde”?
«Sicuramente la visione globale, l’aver realizzato un disco di cover con un concept, cosa che non è poi così usuale. Quando vai a toccare dei brani così popolari ci vuole rispetto nel riuscire a mantenerne intatta l’essenza, in certi casi si può anche cambiare un pezzo della melodia o un accordo, ma a patto che non si snaturi troppo il risultato finale. Sono orgoglioso del fatto di essere riuscito a mantenere questa essenza, pur dando una mia visione personale grazie alla mia natura personale e a quella degli ospiti. Il risultato fa sì che questo sia un omaggio alla musica italiana, ma con delle visioni diverse rispetto alle versioni originali».
Nico Donvito
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