A tu per tu con la popolare artista ciociara, in occasione dell’uscita del suo nuovo progetto “AnnaZero“
Il coraggio di cambiare pelle: potrebbe essere questo il sottotitolo ideale di “AnnaZero”, l’ottavo album in studio di Anna Tatangelo. Dalle sonorità al flow, il disco mette in evidenza una notevole capacità di rinnovarsi e di sperimentare, la stessa che ha spesso contraddistinto le sue precedenti produzioni, forse mai in maniera così netta e decisa. Un lavoro impreziosito dai featuring con Geolier, Gemitaiz, Beba e Martina May, oltre che dalle presenze di abili ed esperti producer, tra cui spiccano i nomi di Frenetik & Orange, Danti, Dat Boi Dee, Livio Cori, Mago Del Blocco, Mixer T ed Emis Killa. Il risultato? Un lavoro che emana consapevolezza e profuma di rinascita.
Ciao Anna, bentrovata. Alla vigilia dell’uscita di questo progetto, stai vivendo questo momento come un nuovo inizio?
«Assolutamente sì, non a caso le due componenti del disco sono l’araba fenice, rappresentata nella copertina, e il titolo “AnnaZero”, per far capire che riparto da capo e riparto da me. Ho resettato tutto quello che ho fatto finora, pur non rinnegandolo, ma con la consapevolezza di voler fare musica in maniera diversa, con un atteggiamento differente, più maturo. In questo album c’è sia il desiderio di leggerezza, ma anche il bisogno di tirare fuori le mie fragilità, con schiettezza e senza più paura di mostrarmi per quella che sono».
Quanto è stato importante per questo progetto avere a che fare con più producer? Diciamo una consuetudine che possiamo ritrovare più spesso nel rap e meno nel pop…
«E’ stato stimolante, perchè confrontarsi con punti di vista differenti, persone con esperienze diverse, è stata la chiave di tutto questo progetto. Certo, desta sicuramente curiosità vedere il mio nome accanto a quello degli ospiti e dei produttori presenti in scaletta, ma alla fine la musica non crea nessun tipo di confine e questa è la cosa più bella. Ogni canzone è un mondo a sé, ma con un unico filo conduttore, dalla prima all’ultima traccia. I featuring sono stati importanti per me, così come è stato decisivo cercare di trovare uno spazio tutto mio, perchè questa volta avevo voglia di dire delle cose in un determinato modo».
Infatti, a livello narrativo, anche il linguaggio assume un ruolo fondamentale in questo disco. Come si è svolta la fase di scrittura e chi ha collaborato con te alla stesura dei testi?
«Martina May mi ha aiutato a dire le cose in un certo modo, a descrivere l’immagine di una donna che, nonostante le sue fragilità, riesce a buttarsi alla spalle tutto. Noi donne siamo così, siamo quelle che riescono ad organizzare mille cose, ad occuparsi contemporaneamente della casa, del lavoro, della famiglia, dei figli. Riusciamo a portare avanti più cose contemporaneamente, però delle volte abbiamo paura di sbagliare, paura di restare da sole, paura di ricominciare. Il messaggio di questo disco è cercare di dare una piccola spinta a chi ha timore di affrontare queste difficoltà, dalla solitudine ai momenti di sconforto, situazioni che possono essere state accentuate anche dalla pandemia. Bisogna andare avanti, concentrandoci su ciò che ci fa stare bene, nel mio caso in questi ultimi due anni mi ha aiutato moltissimo la musica».
La tua è una vocalità unica, direi inconfondibile. In questo album ti sei messa alla prova con nuovi registri, che tipo di lavoro c’è stato sul flow e sul modo di stare sul tempo?
«Sì, indubbiamente si tratta di un modo completamente diverso, anche in questo mi ha aiutato tantissimo Martina. Devo ammettere che mi sono divertita, stare sul tempo in un determinato modo mi ha fatto scoprire un modo piacevole di cantare. Delle volte mi sono anche stupida da sola, tipo nella title-track piuttosto che nel brano con Gemitaiz, all’inizio i miei collaboratori mi prendevano in giro, mi chiamavano Trappangelo (ride, ndr). La prima volta devo ammettere che mi ha fatto strano sentirmi cantare in quel modo, poi riascoltandomi mi sono detta: “ammazza che figo”, questo è proprio un flow pazzesco e trainante!».
In un mondo discografico spesso popolato dalle zone di comfort, che significato ha per te oggi mettersi in gioco e proporsi in maniera diversa?
«Guarda, sono abituata a pensare alle mie cose per cercare di farle al meglio. Non sono solita guardare il giardino del vicino, anche perchè ognuno ha il suo modo di esprimersi. L’unica cosa che vorrei è che si ascoltasse questo disco senza fare confronti con nessuno o con il mio passato, mi piacerebbe che le persone si interfacciassero a questo lavoro con un misto di leggerezza e concentrazione. Hai presente quando torni a casa e ti fai un bel bagno caldo ascoltando musica? Vorrei che la sensazione fosse quella di massimo relax, senza dietrologie, senza pregiudizi, senza nient’altro».
Come pensi possa recepire il tuo pubblico più fedele questo tipo di cambiamento?
«Le persone che sono cresciute con me e che mi conoscono da vent’anni a questa parte, sanno che non mi accontento e che ho voglia di provare, di sbagliare, di imparare e di crescere. Questo è l’obiettivo che ho da sempre nella mia vita: non sentirmi mai arrivata e continuare sempre a dare qualcosa in più. Di certo in America questo concetto non vale, nel senso che ogni artista è diverso in ogni disco, pensiamo ad esempio a Justin Bieber, a Drake o tanti altri. Mi piacerebbe che non fosse considerato così strano qui da noi in Italia, non si può essere legati all’imprinting iniziale che ci facciamo di un determinato artista. E’ importante giocare e sperimentare con la musica, non porsi mai dei limiti o dei paletti».
Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche ti rendono davvero orgogliosa di “AnnaZero”?
«Essermi messa totalmente in gioco, mi inorgoglisce perchè per anni questa cosa mi spaventava, forse l’avrei dovuto fare prima, ma per tener fede a come mi ha sempre recepito la gente, all’immaginario collettivo della ragazza di periferia, ho avuto sempre un po’ di paura. Oggi sono orgogliosa di essermi evoluta musicalmente».
Intervista ad Anna Tatangelo | Podcast
© foto di Cosimo Buccolieri
Nico Donvito
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