Omaggio all’indimenticato cantautore lucano, un talento che ha nobilitato la nostra canzone d’autore
Cinque anni o cinque secoli non bastano per affievolire il ricordo di Pino Mango, genio raffinato dall’animo sensibile, gentile e poetico. Se n’è andato troppo presto, in maniera improvvisa e nel modo in cui avrebbe sempre voluto: cantando. L’8 dicembre del 2014 è una data che qualsiasi appassionato di musica leggera italiana ricorda con estremo dispiacere, a causa dell’enorme vuoto artistico che questo ha comportato e che non potrà mai essere colmato.
Ad un lustro dalla sua prematura scomparsa, oggi, lo ricordiamo con affetto per tutto quel carico di talento puro e autentico che ci ha lasciato, un’eredità artistica fatta di successi intramontabili e di canzoni da riscoprire, perché uno dei meriti che gli vanno universalmente riconosciuti è proprio quello di essere stato un artista sensibile quanto sperimentale, talmente unico da non essersi ispirato a nessun altro.
Adoro Mango, lo amo per via di quella sua innata e pragmatica dote che riesce a coniugare una tecnica straordinaria con un aspetto più spirituale, perché non sempre chi è dotato di una grande estensione vocale riesce anche nel complicato intento di emozionare. Ecco, lui era in grado di toccare note impensabili ma, al tempo stesso, di accarezzare le corde della nostra anima.
Nato il 6 novembre del 1954 a Lagonegro, in provincia di Potenza, Pino è sempre rimasto profondamente legato alla sua amata terra lucana. Dotato di un timbro inconfondibile e molto naturale, negli anni ha trovato diversi modi di esprimersi, sempre piuttosto innovativi. Insomma, un precursore dei tempi abile nello scrutare nuove sonorità, senza mai assopirsi o stabilirsi in una determinata zona di comfort, rimettendosi continuamente in gioco, in perfetta armonia tra consapevolezza e sperimentazione.
Sedici album di inediti, tre dal vivo, due di cover, una raccolta e tre libri di poesie, questi i numeri delle sue intramontabili opere che, ci auguriamo, possano essere sempre di più valorizzate e riscoperte dai giovani, divulgate e studiate anche nelle scuole, perché davvero ci troviamo al cospetto di uno dei più grandi musicisti del XX secolo, un autentico innovatore della musica leggera italiana, un genio forse troppo avanguardista che non è stato ancora compreso appieno, almeno per quanto meriterebbe.
Brani come “Oro”, “Lei verrà”, “Bella d’estate”, “La rosa dell’inverno“, “Nella mia città”, “Come Monna Lisa“, “Mediterraneo”, “Amore per te“, “La rondine”, “Chissà se nevica” e tanti altri, sono rimasti nel tempo attraversando oltre tre decenni, accarezzando il cuore di più generazioni. Ad oggi, Pino rimane uno dei pochi artisti al mondo ad aver utilizzato la propria voce come un vero e proprio strumento, arrivando a toccare note impossibili, riuscendo nel delicato compito di strappare contemporaneamente sia un applauso che un’emozione.
Nel corso della sua carriera ha collaborato con autori del calibro di Mogol, Lucio Dalla, Alberto Salerno, Pasquale Panella e Guido Morra, oltre ad aver composto pezzi inediti per Patty Pravo, Loredana Bertè, Mia Martini, Loretta Goggi, Mietta e Andrea Bocelli. Tra le altre canzoni meravigliose che ci ha lasciato, non posso non citare “Se mi sfiori”, “Il viaggio“, “Australia”, “Odissea”, “Io nascerò”, “Dal cuore in poi“, “Mia madre”, “Tu…sì“, “Come l’acqua”, “Giulietta”, “Dove vai“, “Primavera”, “Luce“, “Non dormire più“, “Disincanto”, “Ti porto in Africa“, “Dal silenzio a un bacio”, “Ti amo così”, “Contro tutti i pronostici”, “La terra degli aquiloni”, “Fiore bel fiore” e “Ragazze delle canzoni”.
Insomma, nel caso di Mango è praticamente impossibile fare un inventario di tutta quanta la bellezza, la poesia e il disincanto che è riuscito a trasmettere attraverso la propria voce. I profumi e i sapori delle sue melodie non smetteranno mai di suscitare suggestioni e generare incanto, perché l’autenticità e l’essenzialità che è riuscito a raggiungere con gli anni sono e resteranno per sempre ineguagliabili. Ogni volta che si ascolta un suo lavoro si resta esterrefatti, perché è praticamente impossibile “trovare l’intruso”, quella cosa che non doveva esserci o che ci piace meno. Nelle sue opere ciascun elemento è messo al posto giusto, in perfetta sintonia tra realtà e raffinatezza, tra poesia e disincanto.
Nico Donvito
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