L’analisi delle parole utilizzate nelle ventisei canzoni protagoniste dell’imminente Festival di Sanremo
Manca poco più di una settimana all’inizio ufficiale del Festival di Sanremo, giunto alla sua 71esima edizione. Proprio come le precedenti tre annate (2018, 2019 e 2020), ci ritroviamo a scandagliare i testi delle canzoni in gara, rivelati come da tradizione da Tv Sorrisi e Canzoni. Mai come quest’anno la parola assumerà un valore significativo, a tratti evocativo, simbolico e di grande impatto, considerato il complicato momento storico che stiamo attraversando. Massiccia la presenza di esponenti del nuovo cantautorato, le cosiddette quote indie, che hanno letteralmente spodestato gli habitué, grazie alla rivoluzione voluta dal direttore artistico Amadeus, al suo secondo mandato sanremese. A giudicare dai testi delle canzoni in gara, assistiamo inermi al trionfo del romanticismo, al monopolio dell’amore declinato in tutte le sue sfaccettature. Analizziamo insieme brano per brano.
Sanremo 2021 | Le pagelle dei testi
Aiello – “Ora”
di Antonio Aiello
Mi sono perso nel silenzio delle mie paure
l’atteggiamento di uno stronzo, invece era terrore
non riuscivo a dirti che mi ricordavi di lei
mi ricordavi di lui, ero fuori da poco
mi sono perso nella notte, non mi hai mai abbracciato
e mi vergogno a dirlo di solito sputo fuoco
non riuscivo a dirti che mi ricordavi di lei
mi ricordavi di lui, ero fuori da poco
Quarantatré anni dopo il suo conterraneo Rino Gaetano, Aiello riporta il sesso al Festival di Sanremo, un sesso che lui stesso definisce speciale e “ibuprofene”, termine che può essere interpretato e declinato in senso liberatorio, tossico o curativo, a seconda di ciascuna nostra singola percezione. Il cantautore calabrese compone un testo carnale e passionale, spingendosi oltre quanto già mostrato in passato, aprendosi in maniera sempre più diretta, mettendosi quasi a nudo, autoetichettandosi “stronzo”. Un brano in cui si assume colpe e responsabilità, senza troppi giri di parole. Voto 6.5
Annalisa – “Dieci”
di Annalisa Scarrone, Davide Simonetta, Paolo Antonacci, Jacopo Matteo Luca D’amico
Se è più facile scrivimi
che hai bisogno di quello che hai perso
e va bene una volta su cento
se ci pensi precipiti
non ho tempo deciditi
a fine lavoro ti penso
ho cenato col vino sul letto
e non deve andare così
non fanno l’amore nei film
Torna al Festival con una dichiarazione d’amore Annalisa, che può essere interpretata anche nei confronti della musica, superata la soglia dei suoi primi dieci anni di carriera. Il testo racconta di un rapporto che non vuole volgere al termine e che si aggrappa al concetto di ultima volta, senza sapere se in realtà sarà o meno così. La presa di coscienza di una donna disposta a vivere la propria relazione con lo spirito di chi potrebbe perdere tutto, in nome di ogni singolo istante vissuto insieme. Emotivamente il messaggio funziona e appassiona, la forma convince meno, perchè raggruppa elementi di classicità con terminologie odierne, legate alla quotidianità, immagini che a volte si perdono a metà strada tra oggi e ieri, tra indie e pop. Voto 6
Arisa – “Potevi fare di più”
di Gigi D’Alessio
A che serve una rosa quando è piena di spine
torno a casa e fa festa solamente il mio cane
ora i nostri percorsi sono pieni di mine
sto annegando ma tu non mi tendi la mano
a che serve un cammino senza avere una meta
dare colpa al destino che ci taglia la strada
non importa se sono vestita o son nuda
se da sopra il divano più niente ti schioda
a che serve truccarmi se nemmeno mi guardi
ero dentro ai tuoi occhi ma tu non lo ricordi
noi di spalle nel letto, più soli e bugiardi
ti addormenti vicino e ti svegli lontano
La penna di Gigi D’Alessio è tornata in grande spolvero e Sanremo ci va a nozze. Il brano racconta la fine di un amore tossico, in cui la sofferenza lascia spazio al desiderio di rimettersi in piedi, di lasciarsi alle spalle il passato, di riappropriarsi della propria vita. Un grido liberatorio che la meravigliosa voce di Arisa potrebbe solo valorizzare ulteriormente, trasformandolo in un canto di indipendenza rivolto a tutte le persone che hanno incrociato nel loro percorso narcisisti seriali e manipolatori affettivi. L’infelicità è di passaggio, bisogna considerarla come una fase destinata a finire, il segreto è non accontentarsi, ripetendo a noi stessi che possiamo ambire a qualcosa di più. In fondo ce lo meritiamo no? Voto 7.5 Sanremo
Malika Ayane – “Ti piaci così”
di Malika Ayane, Pacifico, Alessandra Flora, Rocco Rampino
Non c’è intuizione senza scintilla
perderti senza chiedere ti assomiglia
non è spocchia ma necessità
di sorprenderti, di decidere
cosa prendere e quando smettere
e ti pia, e ti pia, e ti piace sì
ti piace così, e ti piace com’è
La classe e l’eleganza di Malika Ayane non potevano che emergere anche attraverso questo testo, che parla di sensazioni forti e di situazioni comuni. Il brano racconta l’istante in cui realizzi che tutto può accadere, il segreto sta nel non perdere mai la consapevolezza nei confronti di noi stessi. Ritrovarsi, questo il tema principale della canzone, una riflessione maturata da molti in tempi di lockdown, quando a nostra disposizione c’era il tempo per analizzare e analizzarsi. Un pezzo in cui ci si può ritrovare in massa. Voto 7
Orietta Berti – “Quando ti sei innamorato”
di Francesco Boccia, Ciro Esposito, Marco Rettani
Ancora non lo sa ma nel mio mondo
esiste solo lui che mi sta accanto
e mi perdonerà se non mi sveglierò
da questo sogno che non è stato inganno
senza più orgoglio, senza più affanno
ci abbandoniamo al mondo senza nessun rimpianto
non vado a fondo se sono insieme a te
Gloria Christian, Caterina Valente, Germana Caroli, Tonina Torrielli, Katyna Ranieri, Franca Raimondi, Carla Boni, Marisa Colomber e Flo Sandon’s, tutte grandi artiste che avrebbero potuto interpretare questi versi anche in passato. Peccato, però, che stiamo parlando di personalità di spicco della musica leggera italiana della metà del secolo scorso. La voce e la carriera di Orietta Berti avrebbero meritato forse meno retorica, giusto un filino. Soprattutto se parliamo di un pezzo che fa della tradizionalità la propria ossatura musicale, direi che almeno dal punto di vista testuale si poteva dare di più… senza essere eroi. Voto 5
Bugo – “E invece sì”
di Cristian Bugatti, Andrea Bonomo, Simone Bertolotti
Voglio immaginarmi che non ho sbagliato
e che il paradiso è il mio supermercato
con la birra in saldo e il poster di Celentano
è meglio così
voglio immaginarmi che anche un dittatore
s’innamora, vomita e poi si commuove
che davvero non ci avranno mai capiti
e invece sì
La scrittura di Bugo si arricchisce dell’esperienza di Andrea Bonomo per la parte testuale e di Simone Bertolotti per la parte musicale. Il brano è una riflessione ad alta voce, intima e profonda, ma allo stesso tempo comune e universale. L’immaginazione è il filo conduttore di un pezzo pieno zeppo di immagini, di citazioni e di messaggi. Difficile scindere un testo del genere dalla parte melodica, l’impressione è che vadano a braccetto. Comunque sia bisogna premiare l’originalità. Voto 6.5
Colapesce Dimartino – “Musica leggerissima”
di Lorenzo Urciullo, Antonino Di Martino
Metti un po’ di musica leggera
perché ho voglia di niente
anzi leggerissima
parole senza mistero
allegre ma non troppo
metti un po’ di musica leggera
nel silenzio assordante
per non cadere dentro al buco nero
che sta ad un passo da noi, da noi
più o meno
Un testo evocativo e molto musicale che, a leggerlo per la prima volta, lascia già preludere un certo coinvolgimento dal punto di vista del sound. Gli ingredienti sono vincenti, il tutto condito con un pizzico di ironia, quanto basta, che non guasta. Funziona perchè non ha filtri, le parole non sono lasciate al caso. A fare da sfondo è il potere salvifico e universale della musica, in grado di risolvere una giornata no o una serata no. Colapesce e Dimartino compongono a quattro mani un pezzo che rivendica la centralità di questa nobile forma d’arte all’interno del nostro quotidiano. In fondo hanno proprio ragione loro: il ruolo della musica, anche quella leggerissima, è di unire le diversità e di far riflettere le persone, magari senza appesantirle. Voto 8.5 Sanremo
Coma_Cose – “Fiamme negli occhi”
di Fausto Zanardelli, Francesca Mesiano, Fabio Dalè, Carlo Frigerio
Quando ti sto vicino sento
che a volte perdo il baricentro
galleggio in una vasca piena
di risentimento
e tu sei il tostapane che ci cade dentro
grattugio le tue lacrime
ci salerò la pasta
ti mangio la malinconia
così magari poi ti passa
mentre ondeggi come fa una foglia
anzi come la California
La poetica indie è piuttosto labile, basta un attimo per eccedere con le terminologie e le immagini strampalate. I Coma_Cose confezionano un testo che dice poco, pieno di eufemismi e metafore così così. Versi come “grattugio le tue lacrime ci salerò la pasta” entrano di diritto nell’immaginario collettivo delle frasi più aberranti proposte sul palco dell’Ariston, come non accadeva ormai dai gloriosi anni ’80. Magari sono io che non capisco, ma non ci vuole un dizionario per tradurre il linguaggio delle canzoni, soprattutto in un contesto come quello di Sanremo dove in tre minuti ti giochi l’attenzione del pubblico. Per ora è un boh. Voto 4
Extraliscio feat. Davide Toffolo – “Bianca luce nera”
di Fausto Zanardelli, Francesca Mesiano, Fabio Dalè, Carlo Frigerio
Ora che conosci le carte
ora che conosci il destino
dimmi che c’è un treno che parte
noi che ci sediamo vicino
e nessuno ci conosce
e non importa dove andiamo
Un connubio che non avrei mai immaginato di vedere sul palco di Sanremo, da una parte la crème de la crème delle balere romagnole, dall’altra il leader spirituale dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Un po’ come accostare Raoul Casadei con gli Evanescence. Nemmeno la coppia Bertè-D’Alessio mi aveva destato così tanto stupore. Detto questo, gli Extraliscio e Davide Toffolo portano in scena un testo che definirei il trionfo dell’ossimoro, una sequela di figure retoriche che esprimono concetti contrari. Un esercizio di stile, forse, ma niente di nuovo se consideriamo la metà delle attuali produzioni della scena rap. Voto 5.5
Fasma – “Parlami”
di Tiberio Fazioli, Luigi Zammarano
Dimmi come faccio a stare bene così
nei miei giorni no tu sei l’unico sì
tu che mi parlavi e mi parlavi di te
e come se parlassi e parlassi di me
quegli sguardi e quelle smorfie io le ho prese da te
il modo in cui ora gridi tu l’hai preso da me
e sei tu che mi ringrazi
ma grazie di che
grazie a te ho tirato fuori il meglio di me
Eccolo qua il giovane Fasma, l’unico rappresentante della passata edizione tra le fila delle Nuove Proposte. Una promozione in prima categoria che si spiega leggendo il testo della sua canzone, che evidenzia la capacità di parlare d’amore senza cadere nei soliti cliché. Nonostante la giovane età, l’artista romano dimostra piena maturità, nonché completa padronanza del proprio linguaggio. Il brano sviscera le dinamiche di un relazione di coppia che, verso dopo verso, assume un senso sempre più universale, allargandosi al rapporto con il mondo che ci circonda. Un invito al dialogo, al riscoprire il valore profondo del confronto. Voto 6.5
Fulminacci – “Santa Marinella”
di Filippo Uttinacci
Voglio solamente diventare deficiente e farmi male
citofonare e poi scappare
voglio che mi guardi
e poi mi dici che domani è tutto a posto
quanto vuoi per tutto questo?
Non volare via
Una storia d’amore 2.0, un racconto molto fedele alla penna di Fulminacci, giovanissimo cantautore dal grande talento comunicativo. Nelle sue canzoni riesce sempre a metterci quella punta di ironia agrodolce, che rende originale la ricetta e, di conseguenza, il sapore finale della canzone. Una scrittura estemporanea la sua, in grado di mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore, a colpi di bizzarrie e anticonformismi. Un testo che abbatte la routine quotidiana e, chissà, magari anche un po’ la ritualità di una kermesse spesso e volentieri troppo fedele a se stessa. Voto 7
Gaia – “Cuore amaro”
di Gaia Gozzi, Jacopo Ettore, Giorgio Spedicato, Daniele Dezi
Benedico gli errori
più grandi
perché ho fatto di peggio
più tardi
io volevo soltanto
portarmi la giungla
tra questi palazzi
sotto una lacrima
che bagna tutta la città
strada di arterie che
ritorna da me
ma il mio cuore è amaro
un disordine raro
Racconta se stessa Gaia, con tutta la sua freschezza e una santa ventata di estrosità. Un brano che descrive il suo percorso, la storia di una ragazza che non ha mollato ed è riuscita a reinventarsi pur di seguire la sua passione, la sua vocazione. Non mollare nei momenti di difficoltà, facile a dirsi, ma poco semplice a cantarsi. Una crescita personale che l’ha portata a guardarsi indietro, con la consapevolezza di avere un vasto orizzonte davanti a sé. Voto 6
Ghemon – “Momento perfetto”
di Giovanni Luca Picariello, Simone Privitera, Giuseppe Seccia, Daniele Raciti
Ho aspettato in silenzio e con calma
ma ora mi è venuta voglia di urlare
sono convinto che questa sia
l’ora mia, il momento perfetto per me
dicono sempre che è il turno degli altri
ma non mi sento secondo a nessuno
sono convinto che questa sia
l’ora mia, il momento perfetto per me
Un ritorno in stile per Ghemon, che porta sul palco dell’Ariston di Sanremo una canzone che parla di rivincite personali. Un dialogo con se stessi, un’inventario delle cose fatte e degli obiettivi raggiunti. In poche parole, quasi una liberazione, il momento in cui realizzi che… forse… è arrivato il tuo turno, dopo essere stato in coda per un tempo indecifrabile. Verso dopo verso, il pezzo infonde speranza e fiducia. Voto 8
Gio Evan – “Arnica”
di Giovanni Giancaspro, Francesco Catitti
E volo con la testa tra le nuvole
ma vedessi il cuore quanto va più in alto
e non voglio dimenticare niente
però fa male ricordarsi tutto quanto
le corse lungomare, nuotare fino a non toccare
l’ansia di non fare in tempo coi regali di Natale
lo sguardo di mia madre, quando pensavo
che questa volta non ce la potessi fare
Gioca facile Gio Evan, lui che con la poesia ci sa davvero fare. Il risultato è un racconto intimo e profondo, fatto di immagini e ricordi reali, tangibili, condivisibili. Stati d’animo e parole che si rincorrono con spirito agonistico, trasmettendo un senso di pace, leggerezza e autenticità. Una testo che cura e allevia, proprio com’era ipotizzabile con un titolo così. Voto 9 Sanremo
Irama – “La genesi del tuo colore”
di Filippo Maria Fanti, Dario Faini, Giulio Nenna
Sottovoce nasce il sole
la scia che ti porterà dentro
nel centro dell’universo
e l’armonia del silenzio
sarà una genesi
la genesi del tuo colore
Regala sempre prospettiva e profondità ai suoi testi Irama, molto più di quanto ci si possa aspettare da un ragazzo della sua età. Anche in questo pezzo c’è molto vissuto, raccontato senza filtri e senza troppi giri di parole. Un inno alla vita, al suo valore viscerale e antropologico, che si riflette nelle dinamiche della routine quotidiana. Un brano che parla di sofferenza e della capacità di superarla, arginandone le criticità, tirandone fuori il buono. Funziona perchè è real e non fake. Voto 7
La Rappresentante Di Lista – “Amare”
di Veronica Lucchesi, Dario Mangiaracina, Dario Faini Roberto Cammarata
Amare senza avere tanto
urlare dopo avere pianto
parlare senza dire niente
come il sole, mi consolerà
amare senza avere tanto
urlare dopo avere pianto
è come l’aria che non finirà
ogni volta che stai bene
Versi che uniscono poesia e musicalità, infondendo una sensazione di pace, di serenità, di rinascita. La Rappresentante di Lista debutta a a Sanremo con un testo profondo, che racconta l’amore in senso universale, sentimento imprescindibile per l’intera nostra comunità. Quella sensazione che, a volte, abbiamo di voler essere tutto e non poter essere niente. Accontentarsi di ciò che abbiamo, senza aspettarsi molto in cambio, perchè in amore bisogna tener conto in primis di quello che diamo, per goderci al meglio quello che ci torna indietro. Voto 7.5
Lo Stato Sociale – “Combat Pop”
di Alberto Cazzola, Francesco Draicchio, Jacopo Ettorre, Ludovico Guenzi, Alberto Guidetti, Enrico Roberto, Matteo Romagnoli
Questo è combat pop
mica rock’n’roll
nella vita si può
anche dire di no
alle canzoni d’amore
lezioni di stile
alle hit del mese
alle buone maniere
Una satira sul mondo della canzone italiana, così potremo definire il brano che riporta Lo Stato Sociale sul palco dell’Ariston. Si ironizza sul concetto odierno della parola “pop”, rimpiangendo in qualche modo generi come il punk o il rock, in un’analisi che sfocia anche nei comportamenti della nostra società, dai meme ai profili di coppia sui social network, addirittura citando il direttore artistico Amadeus. Leggendo così, si ha la leggerissima impressione che si tratti di una specie di cozzaglia, con menzioni e riferimenti tipici di un elenco della spesa. Comprendo la necessità di abbattere le regole, ma qui sembra soltanto che vengano soltanto leggermente un po’ stravolte. Voto 5
Madame – “Voce”
di Francesca Calearo, Dario Faini, Enrico Botta
Dove sei finita amore
come non ci sei più
e ti dico che mi manchi
se vuoi ti dico cosa mi manca
adesso che non ci sono più
che ridono di me
adesso che non ci sei più
lo so che ti ricordi di me
Una dedica alla mancanza, all’assenza che ci portiamo dentro quando siamo distanti dalla persona amata. Con questo dolce trasporto Madame debutta al Festival di Sanremo, con un testo che non è certo tra i più semplici in gara e che necessità più di una lettura. Niente male per una ragazza di diciotto anni, alla sua età il mio diario delle superiori conteneva concetti decisamente più blandi. Un brano molto personale, che traccerà molto chiaramente lo stile della giovane artista anche al pubblico mainstream. In un mondo pieno di caos e di rumori di fondo, la ricerca della propria identità, della propria voce, resta un’esercizio fondamentale per la nostra consapevolezza. Voto 7
Måneskin – “Zitti e buoni”
di Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi, Ethan Torchio
Parla la gente purtroppo
parla non sa di che cosa parla
tu portami dove sto a galla
che qui mi manca l’aria
parla la gente purtroppo
parla non sa di che cazzo parla
tu portami dove sto a galla
che qui mi manca l’aria
Occhio a non fare incazzare i Måneskin. Il gruppo romano debutta al Festival con un brano che pare il giusto proseguo del loro ultimo singolo “Vent’anni”, con un testo che sembra non fare sconti a nessuno. Ce l’hanno col mondo, con chi tende ad omologarci, mentre questo brano vuole essere uno sfogo, un inno all’unicità, una netta e chiara presa di posizione nei confronti di chi, spesso e volentieri, parla a sproposito. Versi psichedelici e graffianti, che esaltano il carattere di questi quattro giovani baluardi del rock. C’è da domandarsi se il pubblico di Sanremo sia pronto a cotanto spirito sovversivo. Voto 7
Max Gazzè e la Trifluoperazina Monstery Band – “Il farmacista”
di Francesco Gazzé, Massimiliano Gazzè, Francesco de Benedittis
Io ho la soluzione
per un tormento che attanaglia
punto debole o magagna
e qualsivoglia imperfezione!
Per tutto invento
stai tranquilla
una bio-chimica pozione!
È quel miracolo che non ho visto mai
in nessun’altra
se non te dopo la cura
e stai sicura che stavolta
è quella buona
e presto mi ringrazierai!
Fedele a se stesso e al proprio genio scanzonato Max Gazzè, anche se francamente non so come farà a cantare un testo così complesso, che va al di là della solita filastrocca o del solito scioglilingua. Qui parliamo di farmaci con nomi improponibili, proprio come la misteriosa Trifluoperazina Monstery Band, che ancora non ci è dato sapere da chi sia composta. Il significato della canzone è interessante, in qualche modo un’ironica denuncia sociale contro chi specula e abusa di farmaci, o anche di rimedi naturali, per trovare una soluzione a qualsiasi cosa, dagli sbalzi d’umore alla mania dello shopping, passando per il brusio da conferenza. Un pezzo che racconta uno spaccato della nostra società, invasa dalla moderna stregoneria. Complicato ma funzionale. Voto 7
Ermal Meta – “Un milione di cose da dirti”
di Ermal Meta, Roberto Cardelli
Con le mani nel fango
per cercare il destino
tu diventi più bella ad ogni tuo respiro
e mi allunghi la vita inconsapevolmente
avrei un milione di cose da dirti, ma non dico niente
in un mare di giorni felici annega la mia mente
ho un milione di cose da dirti
solo un milione di cose da dirti
Quarto Festival di Sanremo per Ermal Meta, che porta per la prima volta in gara una canzone d’amore. Leggendo il testo si ha quasi l’impressione che si tratti di una “Piccola anima” 2.0, per le suggestioni sentimentali che riesce a regalare. Insomma, uno di quei pezzi che qualsiasi innamorato vorrebbe sentirsi dedicare dalla persona amata, in cui la dolcezza e la profondità prendono forma in maniera concreta nella promessa di esserci nel momento del bisogno, uno slancio per nulla scontato in una società sempre più individualista. Funziona perchè non fa uso di alcun tipo di retorica. Voto 7.5 Sanremo
Francesca Michielin e Fedez – “Chiamami per nome”
di Federico Lucia, Francesca Michielin, Jacopo Matteo Luca D’Amico, Davide Simonetta, Alessandro Raina, Alessandro Mahmoud
Chiamami per nome
solo quando avrò, perso le parole
so che in fondo ti ho stupito arrivando qui da sola
restando in piedi con un nodo alla gola
chiamami per nome
perché in fondo qui sull’erba siamo mille, mille
sento tutto sulla pelle, pelle
ma vedo solo te baby, te baby
Semplice e un po’ banale, io direi quasi prevedibile e sempre uguale. Cito “Acqua e sale” di Mina e Celentano per trovare le giuste parole per riflettere lo stato d’animo di chi si ritrova per la prima volta tra le mani questo testo. E’ pur vero che le parole fanno il 50% di una canzone, ma qui partiamo proprio male, soprattutto se consideriamo l’equipe di autori che hanno partorito rime azzardate come “mille/spille”. Ci si aspettava decisamente di più da due quotatissimi artisti come Francesca Michielin e Fedez. A livello testuale viene da rimpiangere “Magnifico” e “Cigno nero”, ma anche un po’ “Vattene amore” e “Non amarmi”. Funzionerà per la parte musicale, si spera. Voto 5 Sanremo
Noemi – “Glicine”
di Tattroli, Ginevra Lubrano, Dario Faini, Francesco Fugazza
Ricordo ancora quella sera
guardavamo le code delle navi
dalla spiaggia sparire
vedi che sono qui che tremo
parla parla parla
parla con me
ma forse ho solo dato
tutto per scontato
e mi ripeto che scema
a non saper fingere
dentro ti amo e fuori tremo
come glicine di notte
La cronistoria di un ricordo, di un abbraccio passato. Con un velo di malinconia, Noemi torna per la sesta volta sul palco a Sanremo, interrompendo il digiuno che dura da tre anni, un lasso di tempo inusuale per l’interprete romana, abituata a non star lontano dal Festival per più di ventiquattro mesi. Un periodo durante il quale l’artista ha ritrovato se stessa, per questo motivo non si comprende bene come mai abbia scelto di presentare un testo così incentrato sul passato, piuttosto che sul presente, specie con un album in uscita che si intitola “Metamorfosi”. Una rinascita a metà verrebbe da pensare, per scoprirlo aspettiamo di ascoltare le sonorità. Voto 6
Francesco Renga – “Quando trovo te”
di Francesco Renga, Roberto Casalino, Dario Faini
Come sempre mi dimentico
dimentico di te
sempre mi dimentico
ma poi io ti ritrovo
sempre se mi guardo e intorno
non c’è niente
sei lo stupore atteso, un desiderio
la verità in un mondo immaginario
sempre sempre
si confondono perfettamente
le mie gioie
inevitabilmente
sempre sempre
le ritrovo tutte quante sempre
solo quando trovo te
Torna a trent’anni dal debutto con i Timoria datato 1991 Francesco Renga, lo fa con un brano che rende giustizia al valore delle piccole cose, le stesse che ci salvano la vita ogni giorno. Spesso, nel tran tran quotidiano, rischiamo di perderci sottigliezze e sfumature che donano lucentezza alla nostra esistenza, rinvigorendola in profondità. Il testo invita a non lasciarsi sopraffare da tutto ciò che vediamo sbrilluccicare in superficie, ma di andare a scavare nelle cose che ci fanno stare davvero bene in questa frenesia dei tempi moderni. Bello il messaggio, buona l’esposizione. Voto 7
Random – “Torno a te”
di Emanuele Caso, Samuel Balice
Quando giri intorno a me
sai non mi sembra vero
e forse non lo sei
forse è la testa mia
e oggi ritorno a te
torno ad amare almeno
forse non penso più
oggi mi sento vivo
Indovinate un po’ di cosa parla questa canzone? Bravi, d’amore. Random paga lo scotto alfabetico di arrivare tra gli ultimi. Vi assicuro che negli anni ’50 c’era molta più varietà di temi nei brani in concorso, si parlava di società, di ricostruzione, al punto che oggi viene da rimpiangere persino l’alpinismo di “Vecchio scarpone”. Il testo del brano proposto a Sanremo dal giovane romagnolo, in realtà, è un dietrofront anche per quanto riguarda il suo breve percorso artistico, perchè non brilla di originalità, come invece era accaduto con “Chiasso”, “Rossetto” e “Sono un bravo ragazzo un po’ fuori di testa”. Poteva portare con s’è un po’ più di quella spensieratezza, quella tipica della sua giovane età, invece è finito come tanti per “ranierizzarsi”. Mi arrendo, Sanremo fa questo effetto serenata d’amore, soprattutto quest’anno. Voto 5.5
Willie Peyote – “Mai dire mai (La locura)”
di Guglielmo Bruno, Daniel Bestonzo, Carlo Cavalieri D’oro, Giuseppe Petrelli
Siamo giovani affamati, siamo schiavi dell’hype
non si vendono più i dischi tanto c’è Spotify
riapriamo gli stadi ma non teatri né live
magari faccio due palleggi, mai dire mai
siamo giovani affermati, siamo schiavi dell’hype
non ti servono i programmi se il consenso ce l’hai
riapriamo gli stadi ma non teatri né live
magari faccio due palleggi, mai dire mai
mai dire mai, mai dire mai
mai dire mai dire mai dire mai dire mai
Finalmente una canzone che non parla d’amore, solo per questo Willie Peyote meriterebbe il voto più alto tra i testi in gara a Sanremo 2021. Pungente e tagliente, l’artista scatena un uragano di parole contro l’attuale sistema politico-sociale, senza risparmiare quasi niente e nessuno. Il testo riflette sull’approccio culturale del nostro Paese, con terminologie prese in prestito dall’attuale contesto storico: dall’autotune a Tik Tok, passando per il cash, il trash, gli exit poll, l’hype e Spotify. Come si suol dire, il cantautore torinese non le manda certo a dire. C’è tutto quello che abbiamo bisogno di sentire in un momento di profondo cambiamento come questo, in questa epoca che somiglia tanto al Medioevo, soltanto un po’ più smart e un po’ più fashion. Voto 8.5 Sanremo
Nico Donvito
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