venerdì 22 Novembre 2024

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Cosa resta del Festival di Sanremo 2019 a parte il “popopopopò”

A due settimane di distanza dall’inizio della 69esima edizione della kermesse, ecco il nostro bilancio

Sarà ricordato come il secondo Festival della canzone italiana targato Claudio Baglioni, forse l’ultimo, chi lo sa, ciò che conta è che questa annata è riuscita a mantenere alta l’attenzione del pubblico sulle canzoni e sugli artisti in gara. Molte le proposte musicali che non finiranno nel dimenticatoio, a differenza della passata edizione premiata dagli ascolti televisivi a discapito delle vendite dei dischi. Per quanto concerne la conduzione il parere è unanime: Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino battono Virginia Raffaele e Claudio Bisio a mani basse, mentre per quanto riguarda gli ospiti il livello è buono in egual misura. A far la differenza sono stati i brani in concorso, mai come quest’anno rappresentativi dei gusti del pubblico più trasversale.

Ventiquattro le proposte che hanno alimentato la competizione dell’unica categoria che, per la prima volta, raggruppava sia giovani che big. «Personalmente ho sempre trovato un po’ discriminante la contrapposizione simultanea tra campioni e nuove proposte – ha dichiarato il direttore artistico la scorsa estate – ho continuato a sentirla come una suddivisione concomitante che non faceva altro che fissare delle categorie che, rispetto al valore e alla bellezza delle canzoni, non hanno alcun senso. Il confronto diretto è tra parole, musica, interpretazione, arrangiamento, emozione. Credo che quel diciassettenne che mi assomiglia molto e che firmò il suo primo contratto discografico da minorenne, avrebbe sognato una simile condizione, una possibilità come questa. E ora che quel diciassettenne è cresciuto spera di poter regalare questa aspirazione a qualcuno che verrà».

Così, di fatto, è stato. Ad aggiudicarsi il titolo della 69esima edizione della manifestazione canora è Alessandro Mahmood, un ventiseienne, seguito a ruota dal neo ventitreenne Ultimo e dal trio de Il Volo, composto da Piero Barone (25 anni), Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble (entrambi di 24 anni). Il Festival dei giovani, dunque, come sognato alla vigilia dallo stesso Baglioni. Forse è proprio questa l’eredità artistica lasciataci da Sanremo 2019, al di là delle polemiche varie ed eventuali, lo spettacolo che ci è stato offerto è in linea con i gusti delle nuove generazioni, molto più rispetto al passato. Di conseguenza, analizziamo singolarmente le ventiquattro proposte che compongono il cast, per scoprire insieme quelli che sono realmente i vincitori e i vinti di questa edizione.

1° Mahmood Soldi

Ha vinto in sordina Mahmood, ma nel giro di pochi giorni ha già conquistato l’intero mercato discografico, questo a dimostrazione di due fattori: 1) siamo un popolo di saltatori professionisti che si fiondano sul carro del vincitore; 2) finalmente il talento del ragazzo è stato compreso su larga scala. I dubbi e le perplessità della prima ora hanno lasciato spazio all’approvazione. Clap clap.

2° Ultimo I tuoi particolari

L’atteggiamento e le parole di dissenso espresse a caldo in conferenza stampa, non toglieranno nulla alla carriera di Ultimo, al valore delle sue canzoni e all’intensità delle sue esecuzioni. Ne esce comunque come un vincitore, forse il problema sarà farglielo capire. Quando il pubblico risponde così attivamente e con estremo interesse ad una competizione canora, non ci sono sconfitti.

3° Il Volo – Musica che resta

La loro è un’evoluzione in modalità silenziosa, di quelle che si notano col senno di poi, a motori spenti. Nonostante molti abbiamo intravisto la copia carbone di “Grande amore”, il brano proposto da Il Volo ha un registro meno lirico, più pop, anche se in musica non serve attribuire etichette. Seppur vocalmente non rappresentano più una sorpresa, per la loro sportività meritano un applauso.

4° Loredana Berté Cosa ti aspetti da me

Alla vigilia del Festival Loredana Bertè aveva promesso di “rompere le palle” per un’intera settimana, invece è riuscita a catalizzare per la prima volta l’attenzione sulla musica, più che su se stessa. L’artista ha prevalso sul personaggio, conquistando tutti esibizione dopo esibizione, ottenendo ben tre memorabili standing ovation e un ritrovato amore da parte del pubblico.

5° Simone Cristicchi Abbi cura di me

Ha scelto la strada più lunga per arrivare al cuore della gente Simone Cristicchi, proponendo una delle canzoni meno immediate in gara, ma tra le più intense e struggenti. Sussurrata dall’inizio alla fine, come una dolce ninna nanna, l’interpretazione ha rivelato alla massa le sue notevoli dote recitative, maturate in questi ultimi anni di ricerca musicale e teatrale.

6° Daniele Silvestri Argento vivo

Rappa e spiazza gran parte del pubblico che si aspettava qualcosa di diverso e aveva già pronto il piedino per battere a tempo una nuova “Salirò”. Invece, Daniele Silvestri ci regala atmosfere vicine a “L’uomo col megafono” e “Aria”, il tutto impreziosito dall’ottimo innesto di Rancore che dona al pezzo un senso ancora più profondo e metropolitano.

7° Irama – La ragazza con il cuore di latta

Forse meritava qualcosa di più, ma la vittoria più grande Irama se l’è aggiudicata una volta concluse le votazioni, con il primo posto in classifica dell’album “Giovani per sempre”. Il suo talento merita un posto tra i grandi e, se continua così, non è detto che ci arrivi in là nel tempo. Il ragazzo con l’orecchino di piuma è cresciuto e lo dimostra senza troppi schemi, filtri e fronzoli.

8° Arisa Mi sento bene

Che Arisa fosse un cartone animato giapponese non è una grossa novità, ma che avesse intenzione di farlo pesare dal punto di vista artistico ci ha spiazzati. Da un’ugola aggraziata ed elegante come la sua ci si aspetta un pezzo che sia all’altezza della situazione, non una canzone borderline che comincia in un modo, si trasforma in un altro e non va in nessuna direzione.

9° Achille Lauro – Rolls Royce

Radiofonica la proposta di Achille Lauro, personaggio controverso e dissacrante che ha spaccato il pubblico tra lovers e haters. Nulla da eccepire sulla produzione del brano, ma citare artisti tragicamente scomparsi e canticchiare nel ritornello “voglio una fine così” non è solo di cattivo gusto, è un messaggio totalmente sbagliato che mi meraviglio venga dato da un palco così importante.

10° Enrico Nigiotti – Nonno Hollywood

Un pugno nello stomaco questa dedica d’amore di Enrico Nigiotti nei confronti di suo nonno. Archi e parole si intrecciano in un arcobaleno di ricordi ed emozioni che contrappongono valori di oggi e di ieri, attraverso un’indubbia e comprovata capacità di scrittura, espressa ormai in svariate occasioni. A lui il premio Marzullo, per aver cantato quasi sempre in orari da tariffa notturna.

11° Boomdabash Per un milione

Esordio frizzante per i Boomdabash, che confezionano il proprio tormentone estivo anticipando tutti. Dopo anni di gavetta, la band salentina riesce a bissare l’incredibile successo ottenuto la scorsa stagione con “Non ti dico no”, piazzando una nuova hit che, siamo certi, rappresenterà ancora una volta il giusto passaporto per una bella vacanza in una meta esotica.

12° Ghemon Rose viola

Arriva in riviera con un bagaglio notevole Ghemon, considerato come uno dei più interessanti cantautorap della nuova scena musicale italiana, capace di alternare liriche soul alla ritmica tipica dell’hip hop. Nel pezzo echeggiano atmosfere anni ’90, perfettamente collocabili nell’attuale contesto discografico, il tutto impreziosito dal convincente e tipico flow dell’artista campano.

13° Ex-Otago Solo una canzone

La zeppola e la struttura della canzone ricordano un po’ troppo un Jovanotti prima maniera, la musica e l’arrangiamento qualcosa di più vicino al britpop degli Oasis. Questo il mix per sintetizzare la proposta sanremese degli Ex-Otago, meno convincenti rispetto al loro recente passato, ma il pezzo gira e funziona. D’altronde se sei pop ti tirano le pietre, se sei indie ti lanciano le rose.

14° Motta Dov’è l’Italia

Dietro i riccioloni di Francesco Motta si nasconde uno stile che non scende a compromessi con il prestigio e la tradizione della manifestazione, la sua identità resta illesa grazie alle consuete sonorità urbane e folk, sincere ma insolite per il palco dell’Ariston. Il cantautore toscano si propone in tutta la sua istintività artistica, che lo rende una perla rara nell’attuale panorama musicale italiano.

15° Francesco Renga Aspetto che torni

Classicamente Francesco Renga, niente di più, niente di meno. La sua è una bella canzone d’amore, forse meno immediata rispetto ad altre precedenti proposte, ma comunque valida e interessante. Certo, le aspettative nei confronti degli ex vincitori sono sempre alte ma, come ci insegna il francese Pierre de Coubertin, l’importante è partecipare.

16° Paola Turci L’ultimo ostacolo

Piacevole ritorno per Paola Turci, al suo undicesimo Festival con un brano intimo e potente, un mosaico di sensazioni contrastanti messe in risalto dall’orchestra di Sanremo. Tradizionalmente azzeccata, stilisticamente omogenea, intima ma al tempo stesso coinvolgente. La cantautrice romana si mette a nudo, più di quanto abbia mai fatto e non è solo una questione di outfit.

17° The Zen Circus – L’amore è una dittatura

Gli Zen Circus propongono un brano senza un inciso predominante, un esperimento interessante e parecchio coraggioso per un palco così autorevole. La band toscana si presenta al grande pubblico senza snaturare il proprio stile, portando in gara un pezzo poco immediato, un crescendo di musica e parole ingentilite dalla versione in duetto con Brunori Sas.

18° Federica Carta e Shade – Senza farlo apposta

Un connubio ormai ben rodato tra Shade e Federica Carta, in grado di compiere un ulteriore upgrade artistico con un pezzo meno clusterizzato e più versatile, che piace ai teenager… ma non solo. Immeritato il diciottesimo posto, ma Sanremo è anche questo e non bada all’airplay radiofonico o agli indici di gradimento del web, chissà… magari se ne terrà conto di più nel Festival del 2049.

19° Nek – Mi farò trovare pronto

Sentirsi all’altezza del più nobile dei sentimenti, questo il contenuto presentato da Nek, il più contemporaneo tra gli artisti della sua generazione. Pur non gridando al capolavoro, ci ritroviamo al cospetto di una canzone di buon livello e di un artista di tutto rispetto, che decide di mettersi in gioco anche quando non ne avrebbe bisogno. In un mondo di codardi, è detentore del premio “figliol prodigo”.

20° Negrita I ragazzi stanno bene

Nel complesso azzeccata la proposta musicale dei Negrita, giusta e rappresentativa di un percorso lungo ben venticinque anni. Tornano sul palco dell’Ariston dopo aver giurato di non voler metterci più piede, lo fanno in modo riconoscibile e decisamente più maturo rispetto alla precedente unica esperienza del 2003. Non solo i ragazzi stanno bene, ma ci sanno pure fare.

21° Patty Pravo con Briga – Un po’ come la vita

Decima presenza per Patty Pravo, primo giorno di scuola per Briga, quella che sulla carta poteva apparire come una “strana coppia” si è rivelata in linea con il contesto e con i rispettivi percorsi artistici. Due mondi che si incrociano senza scontrarsi, che danno vita ad un’inedita accoppiata generazionale ben assortita. Per dirla alla Strambelli una “pazza idea” musicalmente riuscita.

22° Anna Tatangelo Le nostre anime di notte

Una bella dedica d’amore, come nella migliore delle tradizioni sanremesi, che stona con tutto il resto ma, forse, proprio per questo regala qualcosa in più, esattamente quello che ci si può aspettare da Anna Tatangelo, che mette in mostra tutta la sua tecnica vocale, per anni dai più sottovalutata. D’altronde, con professionalità ed esperienza, le emozioni si possono domare.

23° Einar Parole nuove

Ben vengano le innovazioni, le proposte un attimino più moderne, ma non a discapito di elementi e radici che fanno parte della nostra memoria e della nostra cultura. La melodia in questa ultima edizione del Festival è venuta un po’ a mancare, il giovane Einar ha cercato di riportare l’attenzione sul bel canto, con un brano non parlato che potremmo politicamente collocare all’opposizione.

24° Nino D’Angelo e Livio Cori Un’altra luce

Qualcuno doveva pur arrivare all’ultimo posto, dispiace per la carriera prestigiosa di Nino D’Angelo e per l’ottima prova d’esordio di Livio Cori, ma il loro pezzo non è stato capito nell’immediato e non solo per una questione linguistica. Nonostante il brano poco incisivo, colpisce la dolcezza e la raffinatezza con cui i due artisti partenopei si spalleggiano vocalmente.

Insomma, un’edizione insolita e diversa dalle altre, con più aspetti positivi rispetto a quelli negativi, che come al solito sono inevitabili e contribuiscono anch’essi al fascino della manifestazione. Siamo giunti alle conclusioni, dunque, ci chiediamo cosa resterà di Sanremo 2019? Non sempre le domande possiedono una risposta, almeno nell’imminente. Il bello della musica è che ognuno di noi può conservare ciò che vuole nell’hard disk della propria memoria o nella playlist del proprio cuore, a seconda del tasso di mielosità con il quale vi state approcciando alla lettura.

D’altronde è proprio questo il segreto del Festival di Sanremo, riuscire ad accontentare alcuni e far parlare tutti gli altri…. di musica, quella vera, che possa piacere o meno, viene dato il giusto risalto alle canzoni, anche attraverso un contorno che serve a far apprezzare e valorizzare la portata principale. Nel suo primo anno da “dittatore artistico” Baglioni ha rispettato le aspettative, soddisfacendo un certo tipo di qualità che forse mancava alla kermesse, ma penalizzando il pubblico più giovane e gli odierni orientamenti discografici. In questa seconda prova da “dirottatore artistico”, invece, ha saputo coniugare meglio gli interessi del pubblico, intercettando la bellezza anche tra le proposte più attuali.

A volte gli organizzatori del Festival tendono ad accontentare solo le fette di mercato più rappresentative, mentre in questo caso si è cercato di mettere in piedi un’offerta ampia e più completa. Questo, a lungo termine, rappresenta sempre un scelta vincente, lo tenga bene a mente colui che avrà l’onore e l’onere di orchestrare il prossimo anno. Tra una polemica e l’altra è importante dare il giusto risalto alle canzoni, belle o brutte che siano, perché rappresentano uno spaccato della nostra vita, la coerenza e l’irrazionalità, l’istinto e la riflessione, la poesia e la quotidianità. Questo è Sanremo e, comunque vada, sarà un popopopo popopopo popopo pò!

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.