Omaggio all’indimenticato autore di intramontabili evergreen quali “Io che amo solo te”, “Lontano dagli occhi” e “Canzone per te”
Sono trascorsi quattordici anni dalla scomparsa di Sergio Endrigo, artista che nel corso della sua quarantennale carriera si è aggiudicato la vittoria di Sanremo ’68 con “Canzone per te“, oltre ad aver composto brani di successo e collaborato con scrittori, poeti e musicisti del calibro di Giuseppe Ungaretti, Gianni Rodari, Pier Paolo Pasolini, Franco Migliacci, Sergio Bardotti, Vinicius de Moraes, Toquinho e Luis Bacalov.
Nato a Pola il 15 giugno del 1933, la sua infanzia è profondamente segnata dalle vicende post belliche della seconda guerra mondiale, legate all’esodo istriano, per cui nel ’47 è costretto ad abbandonare la sua terra per trasferirsi prima a Brindisi e poi a Venezia. Abbandona gli studi per aiutare economicamente la famiglia, cominciando a lavorare come facchino e fattorino, per poi avvicinarsi alla musica suonando la chitarra.
Inizia a trovare i primi ingaggi in diverse orchestre, fino ad entrare a far parte del complesso di Riccardo Rauchi, dove conosce Riccardo Del Turco che diventerà in futuro suo cognato. Successivamente comincia a scrivere le sue prime canzoni e nel 1962 lancia “Io che amo solo te”, uno dei suoi brani di maggior successo che negli anni verrà inciso e reinterpretato da Ornella Vanoni, Mina, Gino Paoli, Rita Pavone, Enzo Jannacci, Claudio Baglioni, Massimo Ranieri, Fiorella Mannoia, Gianna Nannini, Alessandra Amoroso, Fabio Concato e molti altri.
Ha partecipato al Festival di Sanremo per ben nove volte, debuttando nel 1966 con “Adesso sì” per poi tornate per altri cinque anni di seguito: nel 1967 con “Dove credi di andare”; nel 1968 trionfando con “Canzone per te”; nel 1969 arrivando secondo con “Lontano dagli occhi”; nel 1970 classificandosi terzo con “L’arca di Noè” e nel 1971 con “Una storia”. Infine, torna in riviera nel 1973 con “Elisa Elisa”, nel 1976 con “Quando c’era il mare” e nel 1986 con “Canzone italiana”.
Una parte significativa della carriera di Endrigo ha a che fare con il repertorio destinato ai bambini, canzoni come “La casa”, “La papera”, “Il gatto”, “Le api”, “La pulce”, “Il pappagallo”, “L’orologio”, “Un signore di Scandicci”, “Napoleone”, “Mi ha fatto la mia mamma” e la popolarissima “Ci vuole un fiore”.
Nel corso di ben quattro decenni composto circa duecentocinquanta canzoni, cantandole in diverse lingue, tra cui il portoghese, lo spagnolo, il francese, l’inglese, il greco e lo slavo, suscitando particolare interesse anche all’estero, soprattutto in Brasile, terra che non lo ha mai dimenticato a differenza del nostro Paese che, come purtroppo spesso accade, non valorizza appieno il talento dei propri artisti.
«Gli ultimi cinque album non furono assolutamente promossi e adeguatamente distribuiti, anche se, a detta di quei pochi estimatori che sono riusciti a sentirli, erano lavori di una certa validità», raccontava nelle sue ultime e rare dichiarazioni pubbliche prima della scomparsa, avvenuta il 7 settembre del 2005, all’età di settantadue anni, a causa di un cancro ai polmoni diagnosticato alcuni mesi prima.
Di Sergio Endrigo restano l’onestà intellettuale e la capacità di comunicare emozioni, sia ai grandi che ai piccini, in maniera limpida e universale. Ricordarlo più spesso è il minimo che possiamo fare per ringraziarlo delle canzoni che ci ha lasciato, per sdebitarci, per metterci in pari, per restituirgli un briciolo della poesia che ci ha donato.
Nico Donvito
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