Annunciati i nomi degli artisti che calcheranno il palco dell’Ariston nella categoria “Campioni“, insieme alle “Nuove Proposte” selezionate nel corso della finalissima di Sanremo Giovani
Aria nuova tra i big, forse più che per i giovani. Il nuovo che avanza, verrebbe da dire, con il vecchio che se ne resta parzialmente a casa. Ecco, potremmo sintetizzare banalmente così le scelte prese da Amadeus e della commissione artistica per la 71esima edizione del Festival di Sanremo, ma in realtà credo sia necessaria un’accurata e più attenta analisi, perchè quello a cui stiamo assistendo è qualcosa che si avvicina molto al concetto di cambiamento epocale.
La metà sono esordienti, addirittura tredici, uno in più rispetto allo scorso anno. Per trovare così tante new entry dobbiamo tornare indietro di ben diciassette anni, ovvero all’edizione 2004, anche se in quel caso erano state le discografiche a trattenere i veterani e non Tony Renis ad escluderli. Pure quest’anno il direttore artistico si è assunto le sue responsabilità, compiendo scelte coraggiose e non scontate, abbassando l’età media dei partecipanti a circa 37 anni, due in meno rispetto alla precedente annata.
Il Festival della rinascita, così lo ha ribattezzato Amadeus, una rivoluzione musicale che avverrà direttamente in quello che da decenni è considerato il tempio della tradizione canora nazional popolare. Quella che dovrebbe andare in scena dal 2 al 6 marzo, Covid permettendo, promette di essere l’edizione meno liturgica della storia. Per anni la manifestazione si è rivelata la solita messa cantata, a discapito dell’effetto sorpresa e dell’imprevisto, elementi meno rassicuranti ma che stuzzicano l’attenzione del pubblico.
In passato le canzoni venivano cucite su misura per l’occasione, l’industria discografica riusciva a sostentarsi e non c’era nemmeno troppo bisogno di stravolgere più di tanto le carte in tavola, le nostre abitudini. In vent’anni, però, il mondo che ruota attorno alla musica è stato completamente stravolto e non sempre la kermesse si è mostrata in sincronia con il proprio tempo, a stento ci è andata dietro di pari passo, ma questa volta si ha come l’impressione che la narrazione sia pressoché simultanea.
Si ridurrà questo filo sottile che si cela tra artisti di nicchia e tra artisti popolari, sempre ammesso che esista, molto probabilmente ci renderemo conto che è solo una questione di contesti, che una volta messi tutti insieme sullo stesso palco, proposti uno dietro l’altro, non importa più da quale pianeta musicale provieni, né quanti dischi hai venduto o quante visualizzazioni hai all’attivo, conta soltanto ciò che canti e come lo canti. In fondo il mainstream non è altro che una geniale travata pubblicitaria.
La forza di Sanremo è sempre stata questa, lo sarà ancora di più quest’anno, quando molti italiani si troveranno al cospetto di un quantitativo ingente di sconosciuti fenomeni, che hanno meritatamente preso il posto di illustri habituè che, sempre più spesso, al Festival ci andavano per timbrare il cartellino e fare presenza. Il cast di Sanremo 2021, invece, vedrà come protagonisti diverse proposte che piacciono ai millennials, ma che parlano una lingua comprensibile anche alle precedenti generazioni.
Pur facendo parte della tradizione del nostro Paese, la kermesse non deve necessariamente crogiolarsi tra le ragnatele di una storia già scritta, anzi, i pezzi che più hanno convinto e che sono rimasti nel tempo sono quelli che meglio rappresentavano lo spaccato di quel preciso momento. Non lo dico io, non lo dice Amadeus, ce lo insegna la storia. Mai come quest’anno era necessaria una svolta, una netta sterzata, altrimenti si correva il rischio di ripetersi o di mettere in piedi uno spettacolo anacronistico.
A onor del vero, il ricambio generazionale c’è già stato, è avvenuto ormai da qualche tempo, sia nelle classifiche che nelle playlist, per cui era fisiologico che si espandesse fino ad approdare sul palco dell’Ariston. Sorprende che ci sia arrivato tutto d’un botto in blocco, ma in un momento storico così votato al cambiamento siamo forse più propensi e stimolati ad accettare le novità, o per lo meno a valutarle, paradossalmente molto di più rispetto soltanto a dodici mesi fa.
Nella rosa dei cantanti in gara figurano ben tre ex vincitori, vale a dire Arisa, Ermal Meta e Francesco Renga, mentre tra le novità spuntano i nomi di Aiello, Colapesce e Dimartino, Willie Peyote, artisti per nulla improvvisati, con una bella gavetta alle spalle, che fino a questo momento hanno bazzicato ben altri palcoscenici, ma che sono pronti a conquistare il pubblico su larga scala, proprio come ha già fatto Gaia, la nona vincitrice di “Amici” a prendere parte alla manifestazione.
Presenti all’appello anche Fulminacci, fresco vincitore della Targa Tenco come miglior opera prima, e Madame, la prima rapper a presentarsi in riviera, nonché la più giovane in gara quest’anno con i suoi diciotto anni, che diventeranno diciannove il prossimo 16 gennaio. Ci sono anche i Coma_Cose, coppia sia sul palco che nella vita, cosa che non accadeva dai Jalisse, e che potremmo simpaticamente ribattezzare gli “Al Bano e Romina dell’indie”.
La sorpresa delle sorprese è Fedez, uno che – diciamocelo – di Sanremo non ne aveva affatto bisogno, ma a volte accade anche questo. Dopo il successo di “Cigno nero” e “Mangnifico”, l’artista confeziona una nuova futura hit insieme a Francesca Michielin, al suo ritorno cinque anni dopo l’ottima medaglia d’argento guadagnata con “Nessun grado di separazione”. Il loro brano si intitola “Chiamami per nome”, a dieci anni esatti dalla vittoria di Roberto Vecchioni con “Chiamami ancora amore”, qualcosa vorrà pur dire.
Riportano il rock a Sanremo i Maneskin, mentre manca anche quest’anno all’appello il mondo trap, i “big” del genere tanto in voga tra i giovanissimi continuano a snobbare il Festival, oppure viceversa. Sorprendono gli Extraliscio di Mirco Mariani con il loro punk da balera, supportati dall’esperienza di Moreno il biondo e Mauro Ferrara, oltre al curiosissimo apporto di Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, uno dei volti che nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere sul palco dell’Ariston.
Terza partecipazione per Irama, reduce da un 2020 ricco di soddisfazioni, così come Fasma promosso in prima categoria dopo l’esordio dello scorso anno tra i giovani. Torna Lo Stato Sociale che, siamo certi, sorprenderà ancora una volta il pubblico con un brano che non verrà cantato da Lodo, mantenendo fede alla loro idea elastica di collettivo e non di gruppo con un unico frontman. Saranno della partita anche Ghemon con il suo groove e Random con il suo flow.
Sesta partecipazione sanremese per Max Gazzè, artista che ha portato in gara sempre il meglio delle sue produzioni, senza mai risparmiarsi. Incuriosisce Gio Evan, conosciuto al grande pubblico per essere stato citato sui social dalla Isoardi quando si lasciò da Salvini, un personaggio che non passerà di certo inosservato. Rivincita personale e artistica per Bugo, che torna in solitaria sul “luogo del delitto” per dimostrare il suo valore, perchè vent’anni di carriera e dieci album alle spalle non sono certo bruscolini.
Molte le voci femminili, non se ne udivano così tante dal lontano 1997, tra queste ritroviamo Malika Ayane e Annalisa, entrambe a quota cinque partecipazioni, mentre per Noemi si tratta del suo sesto Festival in undici anni. Dodicesima presenza per Orietta Berti, l’unica vera veterana del gruppo, assente da ben 29 anni, dal duetto presentato in coppia con Giorgio Faletti. Nel ’99 ha condotto il dopofestival presentando “Incompatibili ma indivisibili”, canzone che era stata scartata da Aragozzini qualche anno prima.
Per questo e per altri motivi, aveva più volte dichiarato di non voler più tornare in gara, anche quando si era ritrovata tra le mani “Grande amore”, cedendola a Il Volo, torna a Sanremo con un tango scritto dagli stessi autori. Chiude la lista – manco a dirlo – La Rappresentante Di Lista, duo che si era già fatto notare lo scorso anno nella serata dedicata alle cover, in abbinamento con Rancore. Insomma, un cast lineare, coerente, dinamico, compatto, stuzzicante, contemporaneo, promettente, pimpante e avveniristico.
A completare il mosaico ci sono le otto Nuove Proposte, che abbiamo avuto modo di conoscere sempre nel corso della finalissima di Sanremo Giovani, tra cui spiccano i nomi di Wrongonyou, Greta Zuccoli, Avincola, Davide Shorty, Gaudiano e Folcast, più i due finalisti designati di AreaSanremo, ovvero Elena Faggi e i fratelli Dellai, questi ultimi rappresentano la terza coppia di gemelli presenti in concorso nella storia del Festival, dopo il Duo Fasano e i Btwins.
L’unico dubbio rimane sulle categorie, ci si può domandare se abbia ancora senso separare le due gare, forse c’aveva visto lungo Claudio Baglioni a riunirle, oppure sarebbe necessario ristabilire una terza sezione dedicata agli Emergenti, come accaduto soltanto una volta nel lontano 1989. Mai come quest’anno il confine tra le due sezioni appare sottile, quasi effimero, questo non è detto che sia un male ma, se si intende proseguire in questa direzione anche in futuro, sarebbe auspicabile optare per un’unica competizione.
Oggi come oggi, a seconda del tipo di criterio, un artista può essere considerato big o meno, ci sono molte più variabili, diciamocelo: quando si vendevamo i dischi era tutto più semplice… ma il futuro è un altro e comincia sempre di più a somigliare per fisionomia al nostro presente. Complimenti ad Amadeus per aver saputo intercettare le novità e bypassare tutto il resto, dando vita a questo interessante mosaico, le cui tessere non sono affatto scontate. Insomma, siamo alle porte di una nuova era.
Nico Donvito
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